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20 anni senza di lui, ma con lui: ricordando don Tonino Bello

Le edizioni la meridiana ricordano mons. Bello con una riflessione della responsabile Elvira Zaccagnino

«L’effetto è stato quello di uno tzunami che si presenta come una brezza. Apri la finestra con curiosità per far circolare l’aria e ti ritrovi in un vortice. Arrivò come arrivano tutti i vescovi. Scelti e nominati da altri. Un vescovo va, uno viene. In quel cambio c’è il tempo della speranza e dell’attesa del ‘non ancora’, per chi vuole che qualcosa cambi. Il tempo del timore di chi invece nulla vorrebbe cambiato. Avevamo intorno ai 20 anni ed eravamo noi, come tanti, tra quelli che speravano che la Chiesa cambiasse.
Arrivò don Tonino e, quella che poteva essere una ferita, la fece diventare una feritoia. Curioso verso ciò che c’era dentro e fuori la Chiesa. Leggeva di tutto e di più. Ti parlava. Ti ascoltava. A noi giovani chiedeva di chi fossimo innamorati. Non ci chiedeva se avessimo pregato o peccato. Ci chiedeva degli studi e di cosa sapessimo fare. E due erano le opzioni: o faceva con te quello che sapevi fare tu o ti trovava qualcosa da fare con lui. Dava credito, gli davi credito. I bambini del centro storico, i convegni, la Caritas, il giornale, la radio, le marce, i documenti… e poi gli F16, gli immigrati, gli Albanesi, il Golfo e il Kosovo. Da qui al mondo, da noi agli altri. Perché c’è una relazione tra la tua storia e la Storia, ci insegnava. Mise in moto generazioni e culture, spaccati di mondi e associazioni diversi. Il dentro e il fuori la Chiesa: il mondo. La speranza e la certezza che valesse la pena provarci. Per tutti e con tutti.
Fu il vortice che permise di non sprecare l’energia di quelli che, come noi, allora avevano vent’anni. Ci fece semplicemente capire, provando e sperimentando, che tutto è possibile, che non c’è cambiamento se non decidi di essere tu il cambiamento. Fece venire a molti il gusto di cambiare restando qui. A Sud. Alla periferia di un mondo che correva verso il centro dell’Europa, a segnare il passo non in direzione opposta ma nella direzione giusta: quella che include e cuce relazioni tra le persone, che guarda alle comunità e non agli individui, che parte dalla responsabilità di ognuno, che investe nel territorio per la sua specificità. Che fa di una maledizione, di un vuoto antico di opportunità, il luogo in cui investire la tua vita e collocare la tua energia. Faceva innamorare e ci fece innamorare di questa terra.
Complice lui, e con lui a fianco, ci inventammo – noi che eravamo tra i molti che con lui condividevano ‘la frisa’ e i progetti – una casa editrice, le edizioni la meridiana. Già nel nome una prospettiva di collocazione. Folli. Velleitari allora. Editori oggi. Alle radici della nostra storia c’è don Tonino Bello. […] Dalla passione per la cultura, ad essere attori e protagonisti della cultura del cambiamento. Da qui. Perché una casa editrice quando sceglie cosa e chi pubblicare segna la cultura. Elabora modelli, e non c’è altra parola per dirlo, culturali. Che poi agiscono sui modi, gli approcci, le azioni di ognuno.
26 anni da allora. Di cui 20 senza di lui. Senza quello tsunami che era don Tonino forse non lo avremmo fatto. Senza quella brezza, a cui abbiamo dato spazio con curiosità, non avremmo spazio nelle librerie e nella vita di molti. A fare cosa? Semplicemente ‘cultura’. Si parte da qui. Si parte da lei.
‘Sciamo!’ Era il suo modo per dire: cominciamo! andiamo! Di questi tempi, complicati e difficili e diversi da allora, tempi di crisi di modelli e paradigmi che dopo vent’anni ci riportano a quale modello di sviluppo vero vogliamo per il futuro, in cui si riparte da una cultura che rinnova le comunità e le relazioni, noi ci siamo e ‘sciamo!’.»

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