Rebecca libri

Un Nobel al giorno: Samuel Beckett, 1969

Per la sua scrittura, che - nelle nuove forme per il romanzo ed il dramma - nell'abbandono dell'uomo moderno acquista la sua altezza.

Sono nella camera di mia madre. Sono io a viverci ora. Non so come ci sono arrivato. Forse in un’ambulanza, certamente qualche veicolo. Mi hanno aiutato. Da solo non ci sarei arrivato. Quest’uomo che viene ogni settimana, è grazie a lui forse che sono qui. Lui dice di no. Mi dà un po’ di soldi e si porta via i fogli. Tanti fogli, tanti soldi. Sì, ora lavoro, un po’ come una volta, solo che non so più lavorare. Ciò non ha importanza, sembra. Io ora vorrei parlare delle cose che mi restano, accomiatarmi, finir di morire. Loro non vogliono. Sì, sono più d’uno, sembra. Ma a venire è sempre lo stesso. Lo farà più tardi, dice. Bene. Di volontà, come vedete, non ne ho più molta. Quando viene a cercare i fogli nuovi, riporta quelli della settimana precedente. Recano dei segni che non comprendo. D’altronde non li rileggo. Quando non ho fatto niente non mi dà niente, mi sgrida. Però io non lavoro per i soldi. Per cosa allora? Non lo so. Francamente, non so gran che.
(Molloy)

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