Il tesoro (troppo nascosto) dei libri religiosi
Un articolo di Giuliano Vigini a partire dai dati UELCI sull'editoria religiosa
Negli ultimi 6 anni il mercato italiano dei libri religiosi ha perso il 33,2%, contro il 15,1% dei libri in generale (dati UELCI).
A conclusione del Salone internazionale del libro, Giuliano Vigini, fra i massimi studiosi dei mercati editoriali, ha analizzato le difficoltà strutturali del settore per La voce e il tempo, settimanale della diocesi di Torino.
Da diversi anni l’editoria cattolica e, più in generale, l’editoria religiosa attraversano momenti di difficoltà su diversi fronti. Mentre la produzione libraria si mantiene sempre elevata (tra i 5.500 e i 6 mila titoli l’anno), andando ad occupare il terzo posto tra i generi più pubblicati dagli editori confessionali (185) e dalle case editrici laiche operanti nel settore, 631), si assiste a un calo consistente delle vendite (oltre il 5 per cento l’anno), tanto che nel periodo 2012-2018, secondo il Rapporto Uelci elaborato da Giorgio Raccis, il mercato del libro religioso ha perso il 33,2 per cento, contro il 15,1 del libro in generale. È pur vero che nell’ultimo anno c’è stato un recupero, nel senso che le perdite per gli editori cattolici sono state contenute al 2,3 per cento, mentre i laici con pubblicazioni religiose hanno perso il doppio, ma questo non significa un superamento della crisi strutturale del settore e l’inizio di una ripresa non effimera.
Questa situazione impone quindi una riflessione, sia a livello imprenditoriale individuale, sia sul piano del dibattito complessivo, nel tentativo di individuare le cause, interne ed esterne al mondo cattolico, che fanno sì che oggi l’acquisto e la lettura del libro religioso restino confinati in Italia a un numero molto ristretto di titoli e in aree commerciali determinate. Tutto intorno, per gran parte della pur consistente produzione, c’è una sorta di deserto, illuminato ogni tanto da qualche fuoco d’artificio, passato il quale, però, si torna al silenzio e alla calma piatta, fino ai tempi liturgici e al Natale che danno una boccata d’ossigeno, soprattutto a librerie spesso esangui. Ma per il resto dell’anno?
Non credo che ci si possa consolare di questo stato di cose con il dato che circa il 60,1 per cento dei libri religiosi si vende nelle librerie religiose di catena e il 13,2 nelle librerie religiose indipendenti, perché in realtà questo è uno dei dati deboli del sistema, nel senso che sta a significare che si riesce a vendere troppo poco nelle librerie di catena laiche (7,6 per cento) e in quelle laiche indipendenti (5,7), neppure quei titoli che, per la fama degli autori o il loro contenuto di attualità, avrebbero tutte le caratteristiche per entrarvi. Ora qualcuno potrebbe osservare che l’esserci o non esserci spesso dipende da quello che l’editore è disposto a concedere in termini di sconti: se, ad esempio, per entrare nelle librerie Feltrinelli e avere una certa visibilità valga la pena concedere uno sconto molto più alto del normale, supponiamo tra il 55 e il 60 per cento. Sarà anche per questo che la più estesa e importante catena di librerie d’Italia assorbe per il libro religioso solo il 3,5 per cento a valore (e l’1,9 a copie).