Rebecca libri

Mantenere un filo tra lettori e librai

Come stanno andando le librerie nelle zone rosse

Il Giornale della Libreria ha chiesto ad alcuni librai librai italiani nelle zone rosse d’Italia cosa vuol dire lavorare oggi in mezzo alla pandemia, con le limitazioni alla circolazione delle persone e un Natale molto complicato alle porte. Divisi tra orgoglio, paura e un po’ di abbattimento, i librai lavorano per promuovere la campagna di editori e librai «Pensaci subito, non fare le code» che invita a diluire gli acquisti dei regali nel tempo ed evitare gli assembramenti dell’ultimo minuto, mentre la professione sta lavorando in maniera velocissima per adeguare il servizio di assistenza al cliente ai nuovi scenari.

Iniziamo dalle buone notizie: secondo Rocco Pinto, titolare della libreria Il Ponte sulla Dora di Torino, nel quartiere di Borgo Rossini, «c’è una cosa nuova in Italia: il riconoscimento delle librerie come presidio culturale e non solo commerciale. Il fatto che ci abbiano fatto aprire, che il libro sia stato considerato un bene essenziale, che ci sia stata una legge sul libro, che il governo abbia investito molto… è un buon periodo per noi, da questo specifico punto di vista. Ma è chiaro che ci sono situazioni molto complesse legate all’emergenza».

Da Cuneo Paolo Robaldo, titolare della libreria L’Ippogrifo che su due sedi dà lavoro a dieci persone, dice che «la campagna per anticipare il Natale è un’ottima idea … Sto preparando delle mail per avvertire i nostri clienti e ricordare che facciamo anche consegna a domicilio».

Molto lavoro si è spostato infatti su canali alternativi perché, specie nei centri delle grandi città, come Milano, i primi giorni del nuovo lockdown sono durissimi. Manuela Stefanelli ed Enrico Carrara, che dirigono la storica libreria Hoepli (57 lavoratori), parlano di uno scenario «che ricorda i giorni di marzo: al momento ci verrebbe da dire che, se non ci fosse la parte online, non ci sarebbero i presupposti per rimanere aperti. I milanesi non vivono in centro città, qui ci vengono per lavorare e, con gli uffici chiusi, il flusso è quasi azzerato. In questo senso sono avvantaggiate le librerie di quartiere, e siamo contenti per loro, è una buona notizia, ma per noi è durissima. Mi rendo conto che siamo dei privilegiati rispetto a chi deve tenere chiuso, ma in realtà è difficile». Per Paolo Ambrosini, presidente di ALI-Confommercio, «le aperture delle librerie nelle zone rosse sono un’attività di servizio a favore del libro e della lettura, ma con pochi ritorni commerciali, tranne casi particolari. Servono, certamente, a mantenere un filo tra lettori e librai».

Un filo che ogni libreria, da quelle di catena a quelle indipendenti, stanno tessendo alacremente per riproporre la centralità della libreria e della figura professionale del libraio come mediatore tra l’offerta editoriale e il pubblico, un ruolo che nell’assalto di Amazon è tutt’altro che scontato

Per il network di librerie del Gruppo Mondadori la scommessa forte è quella di continuare a offrire ai lettori la possibilità di incontrare autori e artisti, attraverso eventi su piattaforme di live streaming o in diretta social. «Prima della pandemia, avevamo una sala che poteva accogliere fino a 100 persone, diventate 30 con il distanziamento sociale. Attraverso i social, i nostri appuntamenti digitali raggiungono un pubblico che arriva anche fino a 6-7mila persone» spiega il direttore del Mondadori Megastore di Piazza Duomo, Roberto Bardini 

Alla libreria Ponte sulla Dora di Torino, il primo lockdown è stata l’occasione per chiedere a chi abita nel quartiere di raccontare Borgo Rossini durante la pandemia: l’iniziativa è diventata un libro che uscirà la prossima settimana per l’editore Graphot. Ci sono poi le reti di quartiere: «Ci siamo appoggiati a un’edicola per fornire i libri e, con un locale vicino, offriamo abbinamenti di torta e libro per i regali»…

L’impressione è di essere di fronte a una effervescenza forse mai vista prima, ma che ha pure grandissimi rischi: «C’è entusiasmo, ma capisco anche i colleghi scoraggiati» spiega Ambrosini. «Di nuovo a terra dopo una grande corsa negli ultimi mesi, hanno paura di essere finiti nella casella “torna al punto di partenza” del gioco dell’oca». Tutte i responsabili delle librerie intervistati per questo articolo riferiscono di due mesi – settembre e ottobre – molto positivi, in alcuni casi sopra i dati del 2019. Sono stati molto positivi soprattutto i giorni precedenti il nuovo lockdown, ma adesso la paura è che tutto si fermi di nuovo.

Sul  Giornale della Libreria  è consultabile l’articolo completo.
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