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Tradurre è una questione di colore?

Le discussioni sorte sui traduttori di Amanda Gordman in Europa

A fine marzo uscirà per Garzanti la traduzione italiana dell’opera di Amanda Gorman, la giovane poetessa afroamericana 23enne, già vincitrice del National Youth Poet Laureate nel 2017, diventata nota per aver recitato una propria poesia, “The hill we climb”, alla cerimonia di insediamento di Joe Biden. Con determinata passione e partecipazione, Amanda Gorman invita il popolo americano ad unirsi di fronte alle difficoltà, a superare l’isolamento e la cultura della contrapposizione. La pace, la fratellanza e il rispetto reciproco sono le fondamenta per una rinascita dal dolore e dai momenti più bui delle vite di tutti.

Se la traduzione italiana è stata affidata a Francesca Spinelli, traduttrice e giornalista che si occupa anche dei temi del razzismo e dell’immigrazione, nel resto dell’Europa è viva la discussione su chi “abbia diritto” a tradurre una poetessa con un’identità e un’appartenenza socio-culturale ben precisa e la cui poetica richiama chiaramente alle questioni razziali.

Nei Paesi Bassi e in Spagna, in un primo tempo erano stati scelti traduttori le cui caratteristiche ed esperienze letterarie parevano adeguate alla poesia di Amanda Gorman, tuttavia, a seguito di critiche sulla scelta fatta, sono stati rimossi dall’incarico, poiché sarebbe stato più opportuno affidare la traduzione a figure più vicine alla giovane poetessa americana per vissuto personale e identità etnica.

In Germania, invece, è stato proposto un team di tre donne, le cui caratteristiche insieme possano efficacemente portare a termine tale delicato compito. In Francia la traduzione è stata affidata ad una donna artista di origine africana.

Certamente, dopo queste vicende si apre un dibattito sul ruolo del traduttore, la cui capacità di fare da ponte tra l’autore originale e i lettori che leggeranno il testo è misura delle sue doti.

La notizia con maggiori approfondimenti, sul Post.

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