Renzo Fanfani. Prete operaio (Paola Sani, Gabrielli Editori, 2021)
Il cappello per aria1
L’infanzia e gli studi
Renzo Fanfani nacque a Firenze il 16 novembre del 1935 nel quartiere di Monticelli, fuori porta San Frediano. La madre Emma Pestelli era cucitrice di pantaloni. Il padre Firmando, ferroviere, lavorava nelle officine di Porta a Prato. Era dunque una famiglia operaia: il padre aveva come riferimento politico il Partito Comunista Italiano. «Studia! Mi dicevano i miei genitori, così farai una vita migliore»2.
Era il 1949 quando Renzo Fanfani iniziò gli studi presso l’Istituto Tecnico Commerciale Galileo Galilei di Firenze: conseguì il diploma di ragioniere e perito commerciale nel 1954.
Gli anni della scuola superiore furono un tempo di amicizie che saranno poi di lunga durata e di condivisione3. Gli interessi culturali di Renzo Fanfani nel ricordo degli amici di quegli anni erano vari. Con loro frequentava il Teatro della Pergola e il Teatro Comunale4.
Erano trascorsi solo quattro anni dalla fine della guerra. In città, dopo il passaggio del fronte, non si trovava niente da mangiare. Non era facile risollevarsi da tanta povertà, anche chi lavorava viveva una situazione di penuria di beni: una condizione che segnerà la vita di quella generazione senza infanzia, perduta tra le paure, i rastrellamenti, i bombardamenti.
Renzo Fanfani parlerà a distanza di anni dell’orrore ed il terrore che i suoi occhi di bambino «hanno visto nel ‘43 e nel ‘44 e che risalgono prepotenti e incontrollabili alla memoria»5.
È il periodo nel quale si delineano le motivazioni che saranno alla base della costruzione della Comunità Europea: nasceva una volontà comune che univa i popoli europei, che avrebbe fugato l’incubo delle guerre, di tante sofferenze, la tragedia della Shoà,
di persone che conoscevi, che ti vivevano accanto di casa, partite e non tornate più. […] Renzo ha sempre cercato qualche altra cosa, aveva dei principi: l’onestà, l’onore, il rispetto, la Costituzione con i suoi fondamenti che costituiscono l’uguaglianza della vita umana. È sempre stato un ragazzo che aspirava a qualcosa di più grande, però devo dire che nell’insieme era il sentimento dei ragazzi di allora, perché eravamo usciti dalla guerra […] volevamo prendere in mano la nostra vita e fare le nostre scelte6.
L’Accademia militare
Ho finito ragioneria senza ripetere, ma con malavoglia, perché non mi piaceva. Nel 1954 benché fossi stato rimandato a ottobre in ragioneria e tecnica bancaria mi chiamarono e sono entrato come impiegato alla Nuova Pignone. Però non mi piaceva fare l’impiegato7.
Decise così di fare il concorso all’Accademia Militare di Modena, studiò tutta l’estate e superò l’esame, entrandovi nell’autunno del 1955. Vi passò due anni come allievo cadetto. Nel primo anno risultò quattordicesimo su 307 allievi; nel secondo venne promosso come allievo scelto e fu sesto su 156 allievi. Si trasferì a Torino alla Scuola di Applicazione per due anni. Alla fine del corso i primi dieci cadetti potevano scegliere la destinazione: Fanfani decise per la Sardegna. Vi rimase come tenente per sei mesi. Era abile nella vita militare e anche negli studi di ingegneria. Da febbraio ad aprile del 1960 fu assegnato alla Scuola di Fanteria di Cesano8, poi fu trasferito al primo Reggimento Granatieri di Sardegna a Roma, dove sarebbe rimasto fino al 31 agosto 1961.
[…]
Un prete nomade
All’Opera della Madonnina del Grappa
Con l’ordinazione sacerdotale si apre per Renzo Fanfani la ricerca di un’esperienza di Chiesa come l’aveva immaginata in seminario, ora da concretizzare. Non si accontentò della prima indicazione ricevuta, si mise in viaggio, un andare senza sapere dove.
Il primo impegno da prete si svolse all’Opera della Madonnina del Grappa a Rifredi, quartiere popolare di Firenze, dove insegnò educazione civica ai ragazzi della scuola professionale. Nel contempo prestava servizio alle case dell’Opera a Empoli e a Montecatini. D’estate accompagnava i ragazzi alle colonie di Vallombrosa e di Quercianella. Ricorda Gianni Ricciarelli: «Renzo andava con i ragazzi alle casette di Vallombrosa e vicino c’era il gruppo delle ragazze dell’associazione di Fioretta Mazzei che erano a Cascina Vecchia. Sempre in zona andavano anche gli amici della comunità della parrocchia della Casella legata all’esperienza della Comunità dell’Isolotto»53.
Per alcuni giorni della settimana era presente nel quartiere popolare di Corea a Livorno con don Alfredo Nesi, sacerdote dell’Opera.
Fanfani però continuava ad avere grande attenzione nei confronti del mondo operaio in particolare dell’esperienza dei preti operai francesi. Lo dimostra un documento conservato tra le sue carte: la trascrizione di un’intervista al vescovo di Lione monsignor Alfred Ancel, superiore generale dell’Associazione dei preti del Prado54, avvenuta proprio alla Casa dello studente di Corea nel 1965. Monsignor Ancel, sollecitato dai preti operai della sua diocesi, ravvisava la necessità di un’esperienza diretta per conoscere la condizione operaia: fu autorizzato dal cardinale Alfredo Ottaviani della Santa sede a lavorare da vescovo come operaio nei sobborghi di Lione55.
Nel 1967 Fanfani fu inviato a Empoli come viceparroco della parrocchia di San Giovanni Evangelista, sempre della Madonnina del Grappa. Aveva la responsabilità del collegio dell’Opera e dei giovani. Con don Nello Pecchioli, il parroco, anch’egli sacerdote dell’Opera, non andava d’accordo, avevano visioni diverse della pastorale e della conduzione della parrocchia. Don Pecchioli imprimeva con forza la sua impostazione, non c’era posto per don Renzo, non si creò una fraternità condivisa. «Non che il Fanfani facesse chissà cosa – ricorda don Corso Guicciardini – ma a don Nello non piaceva il suo modo di fare perché era troppo libero»56.
Gianni Ricciarelli, che era stato destinato a Empoli insieme a don Renzo, osserva d’altra parte come il loro obiettivo non fosse la Madonnina del Grappa: «Avevamo fatto un accordo con don Corso, ci eravamo avvicinati per cominciare a lavorare»57.
Nello Pecchioli e Renzo Fanfani erano due forti personalità; dei loro rapporti non facili testimonia il carteggio tra i due, conservato nell’archivio di Fanfani. Ne emergono tutte le difficoltà nella gestione del quotidiano. La contrapposizione sarà ancora viva nei primi anni Ottanta, quando don Renzo era già parroco di Tinaia. Una lettera del 1984 ne reca traccia evidente, al di là del merito che non conosciamo:
Caro Nello, la tua telefonata di ieri merita una risposta scritta e meditata, una contrapposizione. Sviluppo il concetto. 1. Il tono ed il contenuto della tua richiesta è stato di un paternalismo da conte zio. 2. a) Quando succedono contrasti come quello di questi ragazzi, il problema non è quello di salvare la faccia, ma di vedere in positivo quello che si può recuperare. b) Non ti è venuto in mente che non si trattava di parlare con un cappellanino, che si sente perso se non ha giovani intorno, ma con uno che per ‘grazia ricevuta’ non ha problemi del genere. c) Non hai pensato che dopo 15 anni di vita operaia a questi ‘ragazzi’ avrei risposto con richieste molto più rigide delle tue, e questo non per fare il duro, ma per rispetto alla gente che ho in casa e che mi frequenta, e che vive un mese con quello che quei ragazzi sprecano in una settimana. Se dovevi telefonare doveva essere per chiedermi di non forzare troppo la mano. Dopo la correzione fraterna la penitenza. 1. Avvisa ‘quei ragazzi’ della scorrettezza nei loro riguardi per avermi telefonato. 2. Leggi tre volte la preghiera di S. Tommaso Moro. Lentamente. Ed ora smetto con le bischerate e passo alle cose serie. Se sei d’accordo possiamo proporre insieme a questi giovani quanto segue: avranno a disposizione la stanza se saranno capaci di inviare un ‘container di aiuti ai campi profughi eritrei in Sudan (vestiti, coperte, medicinali ecc.). Col nostro aiuto naturalmente. Tu hai in casa dei ‘figlioli’ eritrei. Quale occasione migliore per rompere orizzonti provinciali e consumistici, e dimostrare che la contrapposizione delle idee, almeno per i preti, non significa la non comunione nei fatti. Stai bene. Renzo.
Ps. sulla contrapposizione: Ritengo che in passato averti dato sempre ragione, togliendoti dalle scatole le persone che erano in contrapposizione con te sia stato uno sbaglio. Certo, quelli che sono andati via ci hanno guadagnato in libertà e dignità, ma l’Opera ci ha rimesso in forze ed idee che potevano essere interessanti58.
Anche altri furono i motivi di contrarietà: Fanfani e Ricciarelli presero posizione contro le spese, che giudicavano eccessive, per la costruzione della nuova chiesa. I fatti dell’Isolotto e l’incriminazione ricevuta furono determinanti per il loro allontanamento dalla parrocchia di Empoli. Solo più tardi don Pecchioli e don Fanfani recuperarono un rapporto, quando negli anni Novanta erano entrambi parroci a Empoli e maturarono allora una reciproca stima. Don Corso ricorda il modo con il quale si determinò questo riavvicinamento:
Dopo vent’anni si sono ritrovati negli ultimi tempi, don Nello è morto nel 1993. Renzo guardava Nello in un’altra maniera, di lui aveva una grande stima e don Nello ricorreva a Renzo, lo accoglieva, gli domandava consigli, aveva cambiato giudizio su di lui ed era nata una grande amicizia tra di loro, e questa è una cosa molto bella59.
L’incontro con il mondo operaio
Nel 1967, quando Renzo Fanfani fu destinato a Empoli, la città era governata dal sindaco Mario Assirelli, esponente di spicco del partito comunista locale. Antifascista e democratica, era ricca di movimenti e partiti che contribuivano alla vita sociale e culturale. C’era una forte presenza di donne e di uomini che lavoravano nelle fabbriche, nelle cooperative, nelle confezioni, di lavoratori e lavoratrici organizzati nei sindacati. Un territorio ricco dove la presenza della Chiesa aveva riferimenti importanti: il proposto di Empoli con tutti i sacerdoti del vicariato, i padri Scolopi e le suore…
1 Buttare il cappello per l’aria: prendere una decisione radicale che chiude definitivamente un periodo della vita, Accademia della crusca, Il vocabolario del fiorentino contemporaneo, http://www.vocabolariofiorentino.it/lemma/cappello/1031.
2 R. Fanfani, La fabbrica ha cambiato la mia fede, «Il Tirreno», 29 giugno 1996, in Archivio Renzo Fanfani (d’ora in poi ARF), b. 2 (1994-1996).
3 R. Boboli, Intervista dell’autrice, 4 febbraio 2018, in archivio privato autrice. Mi sono avvalsa per questi anni dei ricordi di Rossana Boboli, amica di gioventù e compagna di studi di Renzo Fanfani, insieme a suo fratello Piero Boboli e altri amici tra i quali Paolo Ferrari.
4 Gli piaceva improvvisare in pubblico: un tardo pomeriggio nei pressi di Piazza Duomo, all’angolo con via dei Cerretani, insieme a un suo compagno, inscenò l’incontro di due vecchi amici che non si vedevano da tempo: si abbracciarono nel mezzo della strada bloccando il traffico, finché non intervenne un vigile urbano. Dall’intervista a Rossana Boboli.
5 R. Fanfani, Lettera a tutti gli abitanti di Avane, 4° settimana di guerra, maggio 1999, volantino, in ARF, b. 5 (1999).
6 Boboli, Intervista cit.
7 R. Fanfani, Io sono un prete operaio, Avane (FI), videointervista, CD-ROM, Progetto e direzione artistica di Pippo Onorati. Roma, Mammanannapappacacca, 2005 (Centoxcento ritratti: un progetto Mammanannapappacacca per CGIL 100, cent’anni d’Italia), in archivio privato autrice.
53 Ricciarelli, Intervista cit. Fioretta Mazzei, nata a Firenze nel 1923, in una famiglia cristiana ove era forte l’influenza di don Facibeni, dopo il 1944 comincia a frequentare la Messa di San Procolo, fondata da La Pira, di cui diventa stretta collaboratrice. Aiuta i ragazzi poveri di S. Frediano, apre una sua casa di montagna alle famiglie che non possono pagarsi una vacanza. Nel 1951 entra nel Consiglio Comunale di Firenze, nel quale resterà continuativamente fino al 1995. È più volte assessore del Comune di Firenze: alla cultura, all’istruzione, alle politiche sociali. Alla morte di La Pira diviene presidente della Fondazione che ne porta il nome.
54 L’associazione dei preti del Prado venne fondata in Francia a Lione nel 1860 da p. Antoine Chevrier, per condividere la vita con i più poveri, gli emarginati e gli operai delle periferie. Nel 1954 si trasformò in Istituto del Prado con Decreto Pontificio.
55 Esperienze e Prospettive nel mondo operaio, intervista con Alfred Ancel, vescovo, Interviste di Corea, n. 1, Livorno, 1966. Nel fascicolo Fanfani aveva annotato diverse domande tra le quali: «cosa può fare un prete per il mondo operaio?». Cfr. anche A. Ancel, Cinque anni con gli operai, Firenze, Vallecchi, 1963.
56 Guicciardini, Intervista cit.
57 Ricciarelli, Intervista cit.
58 R. Fanfani, A don Nello Pecchioli, 3 ottobre 1984, in ARF, b. Varie, ms. In calce alla lettera è trascritta la Preghiera del buonumore di san Tommaso Moro: Dammi o Signore, una buona digestione / ed anche qualcosa da digerire / Dammi la salute del corpo, col buonumore necessario per mantenerla. Dammi o Signore, un’anima santa, / che faccia tesoro di quello che è buono e puro, / affinché non si spaventi del peccato, / ma trovi alla Tua presenza / la via per rimettere di nuovo le cose a posto. Dammi un’anima che non conosca la noia, / i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, / e non permettere che io mi crucci eccessivamente / per quella cosa troppo invadente che si chiama “io”. Dammi, o Signore, il senso dell’umorismo, / concedimi la grazia di comprendere uno scherzo, affinché conosca nella vita un po’ di gioia / e possa farne parte anche ad altri.
59 Guicciardini, Intervista cit.
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