La diffusissima sindrome dei libri a scrocco
Se qualcuno di voi produce e vende parmigiano reggiano, o olio pugliese, riceve mai richieste di merce in omaggio? Suppongo proprio di no.
L’onorevole Tizio, il professore Caio, il Vescovo Sempronio proverebbero un forte imbarazzo a chiedere – direttamente o per interposta persona – quanto potrebbero senza problemi acquistare presso il negozio sotto casa.
Sono esempi paradossali, ma con i libri, invece, non funziona così.
Se un compagno d’infanzia che non vedi da decenni, o un lontano parente emigrato in una città diversa dalla tua, vengono a sapere che è uscito un tuo volume, scattano le richieste di omaggi. Tali questuanti si distribuiscono, fondamentalmente, su due livelli di evoluzione culturale.
I più primitivi suppongono che, se hai pubblicato un testo, sei proprietario di tutte le copie che desideri e che dunque devi soltanto disturbarti a impacchettare il volume, recarti al più vicino ufficio postale, fare affrancare la busta e spedirla. Quasi quasi, nella loro mente cavernicola, con la richiesta ti hanno gratificato, dandoti la possibilità di diffondere il tuo verbo al di là delle ristrette pareti domestiche.
Una seconda categoria di richiedenti omaggi sa che l’editore ti ha regalato 3 copie previste nel contratto e che tutte le altre – ammesso che ne abbia di riserva a casa tua – sono state acquistate con lo sconto del 30% sul prezzo di copertina. Questi più raffinati intellettuali, dunque, solitamente ti scavalcano e si rivolgono direttamente alla fonte originaria: la casa editrice che ha investito migliaia di euro per confezionare quel libro e che, prima ancora di sapere quante copie sono state acquistate in giro per l’Italia, deve apprendere con sconforto quante copie vengono richieste gratis per recensioni, biblioteche scolastiche, circoli di anziani pensionati, carceri, ospedali…
Ad amareggiare non sono certamente le rare e-mail in cui qualche persona dichiara di essere interessata a un certo titolo, ma in serie difficoltà economiche: magari fra queste persone può infiltrarsi pure un finto disoccupato, ma almeno la motivazione espressa ha un suo senso.
Molto più rattristante è osservare che, di solito, le richieste di libri in omaggio provengono da fasce sociali benestanti che fanno leva proprio sul fatto che occupano ruoli sociali elevati: come se non mettere mano al portafoglio – e dunque non incoraggiare chi lavora a vario titolo nel delicato mondo dell’editoria – fosse uno sorta di status symbol : “Mica sono un cittadino qualsiasi che, per leggere un libro, deve uscire da casa, andare il libreria e per giunta sborsare il prezzo di copertina!”.
Autori e editori hanno mille aneddoti da raccontare. Solo per dare un’idea di come va il mondo, mi limito a due episodi.
Il primo è capitato a un editore che, richiesto da un Vescovo, gli ha spedito in dono un mio libro sulla teologia della liberazione, con la speranza – confidatami – che quell’omaggio sarebbe stato compensato da una sorta di campagna promozionale del presule presso i suoi preti. Immaginate la delusione nell’apprendere che, da quel momento, Sua Eccellenza non perdeva occasione per raccomandare ai suoi contatti di non leggere “cosacce” scritte da me e/o pubblicate da quella casa editrice “falsamente cattolica”…
La seconda disavventura è capitata direttamente a me, senza la mediazione di un editore. Invitato dalla biblioteca di un ridente comune balneare della provincia di Palermo – Terrasini – presentai un mio libro di introduzione alla politica che fu anche acquistato da una decina di presenti all’incontro.
Quasi all’uscita mi ferma un signore abbastanza avanti negli anni che mi chiede di regalargliene una copia. A occhio e croce, non mi sembrava indigente e gli chiesi la ragione per cui non mi aveva proposto di acquistarlo come avevano fatto altri suoi concittadini. “Veda” – fu la risposta – “ogni settimana in estate qui presentiamo libri di autori noti anche in TV ed io ne acquisto sempre una copia. Ma Lei non mi pare così famoso come gli altri scrittori: dunque a Lei conviene regalarmi un volume per diffonderlo molto più che a me spendere soldi per acquistarlo”.
Commosso da tanta sollecitudine per la diffusione della mia fama anche in quell’area dell’Isola, declinai la proposta con un sorriso: “Preferisco rimanere un illustre sconosciuto che diventare un povero squattrinato per via di troppi omaggi in giro”.
Da ragazzo mi avevano spiegato che i libri o si comprano (se si hanno i soldi) o si fanno acquistare dalla biblioteca (se non si hanno), specie se gli autori sono amici che stimiamo. Ma, a quanto pare, il messaggio non ha avuto molta fortuna fra il pubblico. Dunque, se dovessi rinascere, non avrei dubbi: mi dedicherei alla produzione di formaggi o di olive.
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