Breve nota sull’editoria cattolica
Nel dopoguerra, con l’avvento della democrazia anche in Italia, si sviluppò la volontà dell’editoria cattolica di associarsi, a imitazione di quanto già avvenuto in Francia e in Belgio. C’erano anche fiere dedicate all’editoria cattolica, come quella di Tournai. Alla Buchmesse di Francoforte, gli editori cristiani, cattolici e protestanti, avevano stand vicini. Sempre a Francoforte, nelle vicinanze della Fiera, negli anni ’60 veniva organizzata da Crespi della Mescat una messa mattutina per gli editori cattolici italiani.
La situazione dell’editoria cattolica in Spagna e in America Latina vedeva un’ampia diffusione delle case editrici legate a ordini religiosi e potenti congregazioni. Anche gli Stati Uniti presentavano un panorama in qualche modo analogo.
La tendenza editoriale predominante in Europa era quella di stabilire un confine preciso: se un editore pubblica libri in ambito religioso deve fare solo quello e non pubblicare altro, e viceversa. Ciò valeva sia per le pubblicazioni di saggistica che per quelle di narrativa. Orientamento meglio comprensibile in Paesi molto laici come la Francia e il Belgio, forse meno per un Paese cattolico come l’Italia.
Alla fine degli anni ’60, la casa editrice laica Jaca Book comincia a pubblicare sia libri di scienze umane, politica internazionale, antropologia e filosofia, che libri religiosi e di teologia (Balthasar, de Lubac, Jedin, ecc.), uscendo così dallo schema allora predominante in Italia. Bisognerà aspettare gli anni ’90 per vedere grossi gruppi editoriali, come Mondadori e Rizzoli, aprirsi alle pubblicazioni in ambito religioso, anzitutto per un’esigenza di tipo commerciale.
Nota a margine
Concepire l’editoria cattolica come mero servizio interno alla Chiesa è un vero e proprio suicidio culturale.
L’editoria cattolica deve ambire invece ad essere un’espressione dalla cultura tout court.
La sua specificità – per dirla con le parole di Don Zilli, storico direttore di Famiglia Cristiana – è “parlare di tutto cristianamente”, che poi mi pare si rifaccia al testo di San Paolo “tutto ciò che è buono sia oggetto dei vostri pensieri”.
Del resto questo è sempre stato ed è tuttora l’esigenza insita nell’evangelizzazione: come si può annunciare un Vangelo se non ci si confronta, non si dialoga, non si entra in contatto con l’ambito culturale in cui si opera?
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