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La carità, motore di tutto il progresso sociale (a cura di Patrizia Moretti, Studium, 2019)
28 Novembre 2019, ore 19:00
«Se la necessità, se l’interesse sono per gli uomini i moventi potenti dell’azione, spesso determinanti, la crisi attuale non potrà essere superata se non mediante l’amore. Questo perché se la giustizia sociale ci fa rispettare il bene comune, solo la carità sociale ce lo fa amare. La carità, che vuol dire amore fraterno, è il motore di tutto il progresso sociale» (Discorso di Paolo V in occasione del 25°Anniversario della FAO, 16 novembre 1970). Un inno all’amore, alla solidarietà universale che oltrepassa i dissidi, che esclude l’individualismo, che attesta l’inclusione, che richiede a gran voce la «promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» (PP, 14). A cinquant’anni dalla Populorum Progressio, un pensiero quello montiniano che attraversa il tempo per approdare nell’oggi, in tutta la sua attualità, domandando ad ognuno di noi la propria cooperazione per edifcare il futuro dell’umanità, in un appello accorato alla fratellanza universale, seme di una pace duratura. in questo volume, si è voluto proporre, attraverso vari interventi diretti all’ap- profondimento dei discorsi alla FAO con relativo riferimento alla Populorum Progressio, la figura di un papa, Paolo VI, che manifestò un’attenzione profonda verso l’uomo, e una lucida percezione della realtà mondiale. Ebbe il coraggio, in un contesto di diffcile approccio, di delineare una nuova prospettiva di vita, nella quale si intravedeva un differente modello etico-sociale. «il pensiero montiniano che traspare nei discorsi alla FAO resta uno stimolo per arrivare alle radici di un reale sviluppo umano e per sottrarre la cooperazione dalla deriva di interpretazioni fuorvianti» (dalla Presentazione del Card. P. Parolin). «il contenuto degli interventi del Pontefice tenuti alla FAO e in particolare della sua enciclica Populorum Progressio, è ancora valido soprattutto per favorire l’incontro tra le diverse componenti che possono agevolare lo sviluppo» (dal Saluto di J. G. da Silva).