Rebecca libri

Verso tempi nuovi dell’editoria

di Giuliano Vigini

Nella liturgia editoriale d’autunno, la Fiera del libro di Francoforte (16-20 ottobre) resta sempre la messa cantata per eccellenza per tutti gli operatori del mondo del libro. Che da tempo non sono più soltanto gli scrittori, gli editori, i distributori, i tipografi e gli agenti letterari, ma tutti i fornitori di sistemi e prodotti tecnologici, di servizi, corsi e informazioni per la programmazione, la gestione e le strategie di marketing del sempre più accelerato e complesso mondo editoriale di oggi. Aggiungiamoci pure adesso l’Intelligenza Artificiale – per la quale la stessa Associazione italiana editori organizza seminari internazionali di approfondimento per definirne le problematiche e l’impatto crescente sull’editoria dal punto di vista tecnologico e giuridico –, e avremo così qualche frammento di paesaggio in più di questa enorme, eclettica e sempre variopinta città del libro, che – per quanto in flessione di espositori e pubblico negli ultimi anni – continua ad essere un evento di prim’ordine, quindi a suo modo ancora insostituibile come centro di affari e cantiere di lavoro. Soprattutto specchio di tutte le rivoluzioni, avvertite e non, che stanno radicalmente trasformando il modo di pensare e realizzare, comunicare e vendere, cioè di concepire il presente e il futuro dell’attività editoriale, sempre più alle prese con un “nuovo” che irrompe simultaneamente in numerosi ambiti, portandosi naturalmente dietro anche sfide e opportunità non da poco, in un’epoca come la nostra di permanenti transizioni e navigazioni a vista.

Quest’anno l’attenzione sarà anche molto concentrata sull’Italia, ospite d’onore della Fiera, come già nel lontano 1988. Anche quella di allora – come posso testimoniare – il marchio della bellezza e della creatività italiana si erano imposte alla Germania e a tutto il mondo del libro, ma non c’è dubbio che quest’anno il Padiglione italiano realizzato da Stefano Boeri sarà un suggestivo punto di accoglienza e attrazione, di proposta e dialogo. Cessate le polemiche che per mesi hanno inasprito i preparativi della manifestazione, ora ci si prepara al nuovo debutto, ben sorretto da presenze letterarie, conferenze, concerti, mostre con cui l’Italia saprà offrire un’immagine efficace di sé stessa, della sua storia e della sua cultura, fiera del proprio passato da esibire, ma proiettata anche verso gli orizzonti del futuro da costruire, come esemplifica il motto “Radici nel futuro”.

Tuttavia, al rientro in Italia, che cosa ci aspetta? Certo, avremo un rafforzamento del ruolo dell’Italia sul piano internazionale, ma, sul mercato interno, quali saranno le linee direttrici del mercato? Si può notare innanzitutto che siamo in un momento di particolare fermento in cui, sia nell’editoria libraria sia nella stampa periodica, i Gruppi editoriali sono molto attivi nelle acquisizioni o nelle partecipazioni di aziende, marchi e testate (spesso in vista di un controllo futuro) e in altre significative operazioni, come il recente accordo di Mondadori per lo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale e d’immagine di Benedetta Rossi. L’acquisizione, poi, del 10% di Adelphi da parte di Feltrinelli e la tempestiva contromossa dell’opzione put and call Mondadori per la stessa quota (a decorrere dal maggio 2027) sono il segnale più importante dei grandi movimenti in atto nella grande editoria.

Non meno vivace è l’attenzione che viene riservata, in questo mercato sempre più integrato, interattivo e multicanale, all’apertura di librerie e punti vendita, all’acquisizione di società di distribuzione, promozione e pubblicità, all’impiego di sistemi tecnologici avanzati, con un focus specifico sulla logistica e sull’utilizzazione più massiccia dei social media, che oggi possono fare la differenza tra un obiettivo raggiunto e uno mancato di poco.

Nel frattempo, si registrano anche non pochi passaggi generazionali, con successioni al vertice e ricambi negli assetti proprietari, ma anche un via vai continuo di dirigenti, editor, giornalisti-scrittori, tra case editrici, giornali e televisioni, anche per fronteggiare una concorrenza editoriale ed extra-editoriale di anno in anno più invadente e aggressiva, che impone di riflesso un riposizionamento e la costante ricerca di ulteriori sbocchi commerciali, in un mercato sempre più radicalizzato e ristretto.

All’interno di tutti questi movimenti, anche i libri continuano a cambiare, nel senso di un rinnovamento di nomi, contenuti, linguaggi, temi narrativi, forme grafiche ed estetiche, in grado di sviluppare tecniche di comunicazione capaci di suscitare nuovi interessi e di attirare una nuova clientela, specialmente giovanile.

Va da sé che, nel mercato dei grandi – più attrezzati come risorse e investimenti, prestigio e forza contrattuale –, tutti gli altri editori fanno fatica a trovare il modo di giocarsi la partita, che si sa già in partenza che non può essere ad armi pari, considerato che bastano i primi quattro Gruppi editoriali (Mondadori, GeMS, Giunti e Feltrinelli) a realizzare il 52,4% del mercato dei libri di consumo. Da qui la necessità per i piccoli e medi editori di costruire o consolidare marchi che, per qualità, peculiarità e stile, siano ben riconoscibili dai librai e dai lettori, e che quindi consentano loro di restare bene in campo e ogni tanto di arrivare felicemente in porta. Basteranno sempre meno la riduzione dei compensi sui diritti, i risparmi sulla redazione dei testi e sulle collaborazioni oppure le 200-300 copie stampate in digitale dietro pagamento copie da parte dell’autore per tenere in piedi un’azienda e garantirle una possibilità di sviluppo.Ecco perché poi alla fine, per molte case editrici anche storiche – di qualunque settore –, è sempre più difficile proseguire da soli e non ripararsi sotto l’ombrello più grande di un Gruppo che consenta loro di rinnovarsi, riprendere lo slancio perduto, operare in autonomia con maggiore tranquillità economica, ma all’interno di una visione e una programmazione coordinata con altri. Questo è lo scenario con cui si dovranno sempre più fare i conti, per alcuni anche molto presto.

All’esterno, non si percepiscono questi movimenti sotterranei, perché in libreria ci sono sempre tanti libri in carne ed ossa, e quindi l’impressione è che non cambi sostanzialmente nulla, mentre all’interno sta invece cambiando tutto e, per gli operatori del libro, è un obbligo essere lucidi nel capirlo per tempo. Per resistere e per avanzare. Nei primi sei mesi, oltretutto, le rilevazioni Nielsen Bookscan – con i dati rielaborati dall’Associazione italiana editori – ci dicono che complessivamente l’editoria di varia è avanzata molto poco (0,1%) ed è in flessione a copie (-1,6%), anche se alcuni spiragli di luce vengono dalle librerie (fonte: Arianna+), dove si è registrato un progresso (+3,48).

Come è noto, resta però sempre il problema cruciale in Italia degli scarsi livelli di lettura. Pur essendo lievemente aumentato – secondo gli ultimi dati Istat – il numero di coloro che leggono almeno un libro all’anno (dal 39,3% del 2022 al 40,1% del 2023), ci vorrebbe l’ombrello di Mary Poppins per sollevare in alto la cultura di questo Paese. Perlomeno è necessario che a editori, librerie e biblioteche, ma anche a famiglie e giovani, non vengano mai meno le misure del governo per il sostegno e il rilancio di questo settore vitale.


Giuliano Vigini è noto come autore di saggi sull’editoria ed esperto di editoria (disciplina che insegna all’Università Cattolica di Milano) e mercato del libro. È membro di vari premi e comitati editoriali. Ha pubblicato anche numerose opere sulla letteratura cristiana antica, moderna e contemporanea. Collabora con giornali e riviste, tra cui il «Corriere della Sera», «Avvenire», «Famiglia cristiana» e «Vita e Pensiero».

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