Come funzionano le immagini dal Rinascimento a Instagram. Intervista a Riccardo Falcinelli
Dopo il successo di “cromorama”, riccardo falcinelli torna a dominare il panorama editoriale italiano con “figure”, il nuovo libro incentrato sulle peculiarità e la storia delle immagini.
È già un successo l’ultimo libro del designer Riccardo Falcinelli, Figure, pubblicato il 6 ottobre 2020 da Einaudi, subito in ristampa. Dopo essersi affermato come uno dei principali grafici editoriali in Italia e nel mondo, Falcinelli ha raggiunto la notorietà internazionale anche come autore di saggi divulgativi con la precedente opera Cromorama (Einaudi, 2017), vero record di copie vendute. Abbiamo parlato con lui del Falcinelli-personaggio, delle dinamiche del successo, ma soprattutto dei temi che lo appassionano.
Seguendoti su Facebook ho in mente il tuo stile ironico, e spero di non aizzarlo troppo nei miei confronti, così come fai spesso con alcuni tuoi parenti o con il tuo barista di fiducia. D’altronde, anche per il tuo modo di usare i social, sei stato menzionato in uno studio, vero?
Si tratta di una tesi discussa sull’utilizzo narrativo dei social, sì. In effetti le persone di cui scrivo nei miei post non hanno accesso a Facebook, di conseguenza non possono leggermi e godo di una certa impunità.
Anche volendo, non potremmo parlare subito del tuo Figure senza menzionare Cromorama, dato che la stessa campagna promozionale dell’ultimo libro può essere riassunta così: “Ecco il nuovo libro del tizio che ha scritto quella figata di ‘Cromorama’!”. Qual è stato il passaggio che ti ha portato a raccontare della scienza e dell’arte dietro al colore per andare poi ad alzare l’asticella e realizzare questo saggio, a mio avviso molto più complesso e godibile, sulla progettazione e la fruizione dell’arte visuale?
Tutti i libri che ho scritto affrontano sempre lo stesso discorso: riflettere sulla progettazione degli artefatti visivi. Come vengono pensati da chi li realizza e come vengono visti da chi li guarda. Si tratta di storia della cultura visuale e della percezione visiva messe insieme. Da questo punto di vista, Cromorama e Figure non sono molto diversi, ma non potevo scrivere un unico gigantesco libro su questi argomenti. Cromorama riguarda strettamente la percezione, perché il colore è forse l’unico fenomeno sensoriale che quando chiudi gli occhi non esiste più. Quindi è il massimo del percettivo attraverso lo sguardo. Figure per me è un libro più difficile del precedente, anche se molti mi dicono che per loro è più facile, ma credo dipenda dalla mia scelta stilistica di scriverlo in una maniera più piana, più narrativa.
Ed è il punto di approdo di un lungo discorso, vero?
Sì, con Guardare. Pensare. Progettare (Stampa Alternativa & Graffiti, 2011) ho avviato una riflessione sui processi della percezione in senso strettamente psicologico, poi ho realizzato Critica portatile al visual design (Einaudi, 2014) che è un viatico ai problemi della progettazione, e che più di tutti ha un taglio sociologico e racconta perché il design funziona in un certo modo dentro un certo tipo di società. Cromorama è il libro più percettivo, come dicevo prima, e Figure secondo me è il più artistico: si pone i problemi dei creatori degli artefatti visivi. Vedo i miei saggi come pezzi di un unico discorso, come altri libri che scriverò andranno magari in altre direzioni, però sempre in questo stesso solco, perché è ciò di cui mi occupo.
FIGURE DI RICCARDO FALCINELLI
C’è anche una componente militante, però, in Figure, al di là del sottotitolo pop: “Come funzionano le immagini dal Rinascimento a Instagram”?
Per quanto il sottotitolo debba essere attrattivo e accattivante, non è assolutamente un elemento pop: nel libro, Instagram viene affrontato come una tecnologia contemporanea, cercando di mettere insieme un percorso. Il Rinascimento e Instagram non sono qui solo dei termini temporali. Lo sono anche, ma sono proprio dei termini concettuali: si affrontano problemi teorici che partono con Leon Battista Alberti e arrivano al telefonino che usiamo per fare foto. Di Instagram mi interessava il fatto che oggi tutti creiamo immagini e tutti ci preoccupiamo che esista un pubblico.
Il problema è che non siamo tutti Leon Battista Alberti e a quel punto avere un Virgilio come te può essere utile a capire come fare, che abbia un senso e non sia solo ridondanza di immagini?
Credo di sì: per quanto tutti facciamo immagini, non è tutto uguale. Alcuni sono chiaramente più bravi di altri. Per fare un esempio in un settore che seguo molto come il fumetto, oggi questo campo esprime un Gipi e un Manuele Fior, che sono talenti giganti. Spero che i miei libri possano essere utili tanto a chi deve insegnare già dalle scuole primarie, quanto a chi oggi sta studiando. E anche a chi ha a che fare con le immagini senza essere per forza un genio, ma potrà acquisire più consapevolezza su ciò che ha di fronte, sia quando guarda un’immagine, sia quando la crea.
E in proposito, quali sono gli autori contemporanei che consigli a chi vuole approfondire il funzionamento delle immagini dalla progettazione alla creazione e fruizione, ma anche al loro impatto sul contesto sociale?
Restando nel solco degli argomenti di cui parlo in Figure: John Berger, Hans Belting, Michael Baxandall, Georges Didi-Huberman. Studiosi di cultura visuale che non si sono interessati in senso stretto di storia dell’arte né di altre discipline in senso tradizionale, ma si sono posti delle domande sui meccanismi di creazione e fruizione delle immagini in senso lato nella società contemporanea. Mi sembrano letture fruttuose per chi si occupa di immagini, quale che sia il proprio ambito: grafico, fumettista, regista, direttore della fotografia…
Ti aspettavi il successo di Cromorama, anche all’estero?
No, o meglio: i miei libri hanno sempre venduto, però poi Cromorama ha fatto un salto. Una delle ragioni credo sia stata la scelta di alleggerire la prosa con un linguaggio più narrativo, inserendo più aneddoti. Ne sono risultate vendite con numeri da thriller. Mi sono chiesto tante volte perché sia successa questa cosa. La prima domanda che mi sono fatto è stata se fosse veramente merito mio o se si è trattato magari di un colpo di fortuna. Forse nessuna delle due cose: in parte c’è del merito, in parte della fortuna, ma credo che sia cambiata la società, soprattutto. Oggi esiste un pubblico per questo genere di libri. Se Cromorama l’avessi scritto vent’anni fa, non avrebbe avuto lo stesso riscontro. Sono contento, dunque, anche perché ora gli editori mi stanno a sentire: non è semplice farsi pubblicare un libro di cinquecento pagine a colori. Per Cromorama ci fu una lunga trattativa, perché c’erano dubbi sulle vendite e riguardo al costo per produrlo.
DA CROMORAMA A FIGURE
Con i numeri di Cromorama, però, posso intuire lo spirito leggiadro con il quale hai cominciato a scrivere Figure, vedi alla voce “ansie da prestazione”.
Ansie da prestazione, panico puro e francamente anche depressione, perché quando scrivevo e non mi venivano le cose, avevo proprio questo peso addosso. Quando hai un alto livello di aspettative è inevitabile che sia così e non parlo solo dell’aspetto commerciale – librai ed editori – ma anche dei lettori: se a loro non piace quello che ho scritto li deludo. Poi, finalmente, qualche settimana fa ho fatto un sospiro di sollievo, quando i lettori mi hanno scritto su Instagram: “Ho letto ‘Cromorama’, ho letto ‘Figure’ e quest’ultimo lo trovo più bello”. In quel momento ho capito davvero che Cromorama non è venuto fuori per caso.
Per Cromorama sono arrivate le traduzioni da tutto il mondo e in particolare dall’Oriente. Esiste una cifra che accomuni la nostra visione europea e l’immaginario orientale?
All’estero, in particolare negli Stati Uniti e in Asia, l’Italia rimane un sinonimo di eleganza e design. Coreani e giapponesi sono più interessati a capire come ragioniamo noi europei che non a trovare punti di contatto, perché loro si stanno espandendo sul mercato globale e ritengono importante pubblicare un designer italiano: per loro Falcinelli sta nel calderone insieme a Dolce & Gabbana, Armani, Munari e altri. I libri su questi argomenti, a livello mondiale, non sono tantissimi. Ci sono molti illustrati, ma a parte Michel Pastoureau e Kassia St Clair, sul colore si è scritto poco e i competitor non sono numerosi.
Sui contenuti, credo che l’interesse stia negli aspetti razionalizzanti e scientifici: neuroscienze, psicologia cognitiva, psicologia della percezione, sono temi di cui scrivo che animano il dibattito internazionale contemporaneo. Ma sull’immaginario il punto è: andiamo verso una società sempre più globalizzata? Allora il modo di vedere le cose dei giapponesi assomiglia sempre più al nostro, e viceversa. In fondo, anch’io appartengo a una generazione che ha formato il proprio sguardo con i cartoni animati e i manga.
C’è una specie di bias che riguarda le nostre professioni: il piacere di leggere un libro, di guardare un film, di godersi una mostra possono essere smorzati se a fruirne è un addetto ai lavori. Cosa riesce ancora a catturare il tuo sguardo e la tua immaginazione?
Tante cose mi emozionano e trovo meravigliose. Quello che più mi appassiona dal punto di vista estetico riguarda quasi sempre l’illustrazione: l’illustrazione pittorica e lo stile pittorico applicato al graphic novel e al fumetto. Ho nominato Fior e Gipi, ma citerei anche Simone Rea, che secondo me è il più grande illustratore che abbiamo in Italia. Mi ha impressionato il lato pittorico-materico del loro stile, che però è assolutamente contemporaneo, né nostalgico né riconducibile ad altre epoche.
Al contrario, mi dispiace un po’ che i cartoni animati, che sono stati un’altra mia grande passione, stiano un po’ perdendo questa cosa qui, perché stanno attraversando la moda dell’iperdigitale.
PAROLE E IMMAGINI
Lavorando con le parole, sono stato molto influenzato dall’esempio delle sinsemie di Perondi e Romei. Parole e immagini sono destinate a restare due cose assolutamente distinte?
In Critica portatile ho preso la questione un po’ più di petto: il fatto che noi distinguiamo tra testo e immagine è una convenzione che si è formata storicamente ed è dovuta in parte al prestigio che ha avuto la pittura nel Rinascimento. Non contenendo testi, a un certo punto lo stile rinascimentale è diventato il sinonimo dell’immagine per eccellenza, fenomeno che poi è stato amplificato dalla fotografia. Questa mia convinzione in Figure la do un po’ per scontata e acquisita, ma è evidente che ci sono una serie di gradi e commistioni. E in un certo senso il modo con cui ho impaginato il libro è sinsemico, perché testo e immagine sono incastrati affinché il lettore possa vedere un unico flusso discorsivo. Il fenomeno dei meme gioca proprio sull’effetto di senso tra testo e immagine, se ci pensi. Diversamente da un libro illustrato, in cui le due cose sono tenute separate.
Per quanto riguarda possibili scenari futuri, cosa pensi dell’irrompere sulla scena dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale (RV) nella progettazione e produzione artistica?
Credo che una cosa che sta dietro l’angolo sia un’implementazione della RV nella quotidianità delle persone. Al momento questa tecnologia è ancora molto grezza ed è ancora relegata nell’ambito dei videogiochi, ma quello che ci aspetta da qui a poco è il fatto che la RV possa diventare una pratica più diffusa e quotidiana. Io e te la prossima volta, magari, non ci vedremo su Skype: tu starai a Lecce e io a Roma e ci incontreremo in RV in un caffè a Parigi. Questo mi sembra affascinante per due ragioni: anzitutto perché tendiamo a pensare alla realtà virtuale sempre legata alla fantascienza o ai videogame e invece si presta meravigliosamente a entrare nella banalità del quotidiano. E poi perché non credo sia così distante questa possibilità, e ci porrà tutta una serie di interrogativi sull’ontologia dell’immagine. Ci chiederemo, per esempio, cosa ci permette di distinguere tra ciò che è un’immagine e ciò che non lo è.
Poco fa hai accennato ai prossimi libri in lavorazione, puoi anticipare qualcosa sui temi?
Non posso risponderti, è un segreto [ride, N.d.R.]. Anche perché, per scrivere questo tipo di libri ci vogliono anche tre anni, per cui ci vediamo nel 2023 per parlarne!
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