Gli italiani leggono poco, eppure ogni anno siamo invasi da un numero di nuovi titoli sempre maggiore. Libri che si riversano sugli scaffali delle librerie a frotte, restano in bella vista per poche settimane, tornano in buona parte negli scatoloni. Il mercato editoriale italiano sta diventando anche (soprattutto?) questo, un business logistico immenso e complicatissimo.
Per raccontarlo bisogna venire a Stradella, a pochi chilometri da Pavia, dove ha sede lo stabilimento Città del libro della società di logistica Ceva. Qui ogni anno quattrocento magazzinieri movimentano novantasei milioni di volumi. Tra i clienti ci sono grandi editori, come Mondadori, Rizzoli e Pearson, ma anche Messaggerie libri, il distributore di circa seicento case editrici italiane, grandi, piccole e medie. Le rese dalle librerie, ogni anno, sono ventiquattro milioni. Un movimento ogni quattro, insomma, è un libro che torna indietro.
I numeri degli editori
Nel 2015, secondo Istat, sono stati stampati 34.203 nuovi titoli (prime edizioni). Trenta anni fa, nel 1984, le novità editoriali erano «solo» 12.575. Nonostante si legga poco – nel 2014 solo il 41% dei cittadini sopra i quindici anni aveva letto almeno un libro, contro il 68% della Francia – la produzione di nuovi libri è cresciuta in maniera impressionante: nel 1995 i nuovi titoli erano raddoppiati rispetto a dieci anni prima e da allora sono continuati ad aumentare, seppure a un ritmo ridotto. Ma ciò che più fa riflettere è la tiratura media delle prime edizioni: se nel 1984 di un nuovo libro venivano stampate in media 5200 copie, nel 2013 (ultimi dati disponibili) le copie sono diventate 2800. Gli editori provano molti titoli sperando nel colpaccio ma partono con pochissime copie perché sanno che il flop è dietro l’angolo: dal 2013 l’Istat raccoglie i dati sulle quote invendute e questi ci dicono che circa un quarto degli editori riceve indietro dalle librerie più della metà delle copie. È questo mercato dei resi che arricchisce i distributori, creando una consistente domanda di servizi logistici specifici, sia per il trasporto che per lo stoccaggio.
Muletti e magazzinieri
La Città del libro è l’impero di tutto questo: per raggiungere il magazzino da Milano si attraversa il Ponte della Becca, una struttura reticolare del 1912 sospesa sulla confluenza tra Po e Ticino. I teloni di plastica che coprono i rimorchi dei camion nel parcheggio recano i marchi delle attività più disparate: Francia (l’azienda produttrice di latticini), Orogel (i surgelati) e altri ancora, che nulla hanno a che fare con la lettura. Sono i «freelance» della logistica, che la Ceva impiega per distribuire i colli contenenti i libri, che vengono preparati qui e consegnati su tutto il territorio italiano e del Canton Ticino. Il responsabile dello stabilimento, l’ingegnere Alessandro Musuruana, è la nostra guida all’interno del magazzino, uno spazio immenso di ottantaquattromila metri quadrati diviso in tre aree: picking, stoccaggio e resi. È una mattinata fredda e i magazzinieri hanno tutti il cappuccio della felpa tirato sulla testa, l’unica parte del corpo bene in vista sono le mani. A guidare le azioni e i tempi di chi lavora nell’area picking, dove vengono confezionati i pacchi da inviare alle librerie, è un palmare agganciato al polso, che indica quali libri prelevare dagli scaffali e in che ordine. Come gli abitanti della biblioteca di Babele, i magazzinieri non sanno in quale corsia, su quale scaffale e quale ripiano è posizionato il prossimo libro da prelevare e depositare nella scatola. «L’Uomo del Libro», il funzionario che Borges scrive aver avuto accesso al libro totale, il libro «che sia la chiave e il compendio perfetto di tutti gli altri», qui è l’efficiente ingegnere Musuruana. O meglio è l’algoritmo messo a punto dall’azienda per decidere la posizione dei volumi secondo il loro grado di mobilità – ovvero la probabilità che un titolo venga richiesto dalle librerie – con l’obiettivo di minimizzare il tempo di riempimento delle scatole. L’algoritmo classifica i titoli in questo modo: dai più richiesti, libri di classe A, passando per i mediamente richiesti, libri di classe B, fino ad arrivare ai libri no-moving, i settantamila titoli, dei duecentodiecimila gestiti in totale a Stradella, di cui non vengono ordinate più di trenta copie all’anno. È per questo motivo che l’area picking ha due zone distinte. La prima, quella dei libri di classe A e B, è occupata da scaffali bassi, alti circa due metri e lunghi sei, disposti in file parallele. A ogni magazziniere è assegnata un’isola, formata da quattro corsie. Le isole sono connesse da rulli meccanici, su cui viaggiano delle scatole di cartone aperte. Il magazziniere emerge dalle corsie e deposita alcuni volumi nella scatola che subito riparte, mentre lui o lei scompare di nuovo tra gli scaffali. La seconda zona dell’area picking ospita invece i libri no-moving. Il passaggio a questa zona è segnato dall’altezza degli scaffali, che sfiorano il soffitto del magazzino. Gli addetti che lavorano qui viaggiano su piccoli veicoli elettrici dotati di montacarichi, che scalano i ripiani, diverse decine, per prelevare i volumi da spedire.
Il settore dei reietti
Delle copie ordinate, le librerie rimanderanno indietro all’editore circa il 40% e molto probabilmente sarà la stessa Ceva a ritirare i libri resi, riportandoli alla Città del libro, e a stoccarli nel suo magazzino. I librai però avranno sovvertito la classificazione stabilita dall’algoritmo consegnando scatole in cui i libri di classe A, classe B e si troveranno a vivere una promiscuità imbarazzante. Il ricollocamento di questi volumi dall’area resi all’area picking è molto dispendioso in termini di tempo. Ed è per questo che nell’area resi si sono concentrati gli sforzi della Ceva in termini di automazione. I magazzinieri dispongono i volumi su un nastro trasportatore con la quarta di copertina rivolta in alto. Lungo il nastro un lettore ottico la fotografa e localizza il codice Isbn, il numero che identifica il libro in modo univoco, e smista il volume verso il giusto cassone, ristabilendo l’ordine algoritmico. L’introduzione di questa minima automazione permette di guadagnare un secondo per ogni ricollocamento. Sembra un tempo irrisorio, «ma ventiquattro milioni di secondi sono 6666 ore» mi risponde perentorio Musuruana.
01Non c’è luogo migliore per capire i problemi dell’industria del libro che il magazzino dei resi: la frammentazione dei mercati culturali, ma anche storture economiche evidenti, hanno gonfiato il numero dei libri che fanno avanti e indietro dai magazzini senza mai aver visto un lettore. Da una parte si fanno molti titoli sperando di azzeccare il titolo che, inaspettatamente, salva una stagione. Dall’altra, è opinione di molti che la stampa e distribuzione di un numero eccessivo di copie e titoli rispetto alle aspettative di assorbimento del mercato serva a tenere in piedi i bilanci di alcuni editori, soprattutto dei più piccoli. Come spiegato dall’editore Tombolini in un post dello scorso febbraio sul suo blog molto condiviso, la tentazione per molti è fare sempre un nuovo titolo, una nuova tiratura, per aggiustare almeno temporaneamente i bilanci grazie alle copie portate nelle librerie. Copie che, però, tornano troppo spesso indietro. Aggravando i conti. Tombolini è anche fondatore e direttore di StreetLib, primo editore italiano di ebook, che ha cominciato a offrire servizi editoriali alternativi sulla carta. Da ottobre del 2016 è disponibile il servizio Print On Sale: un libro viene stampato solo quando qualcuno lo ha comprato, anche una singola copia. Il servizio è disponibile sia per gli scrittori, come piattaforma di self-publishing, che per gli editori. L’operazione è resa possibile dai nuovi software per la stampa digitale che stampano contemporaneamente più titoli come se fossero più copie di uno stesso titolo e, solo alla fine del processo, ricompongono le opere. Il Print On Sale elimina completamente i resi e le necessità logistiche associate. Un business in cui Amazon, paladino della «coda lunga», è già ben presente con le sue macchine per la stampa digitale.
Le odiose fascette
Ma il modello di distribuzione consolidato nella filiera editoriale è un altro, o almeno lo è ancora, anche se il ciclone Amazon minaccia di spazzarlo via. I distributori chiedono agli editori un numero minimo di copie per poter coprire le librerie sul territorio nazionale. I libri freschi di stampa arrivano nell’area di stoccaggio del magazzino di Stradella, l’ultima della nostra visita. I volumi attendono qui di essere spostati per rifornire l’area picking, impilati in balle rettangolari avvolte da pellicole di cellophane. Mentre camminiamo, Musuruana spiega che sotto i nostri piedi corrono delle guide magnetiche per instradare i muletti che prelevano i pallet su cui sono depositate le balle di libri. «L’addetto non deve pensare a che direzione prendere per imboccare la corsia o tornare nel corridoio principale, deve solo premere sull’acceleratore, così si guadagna tempo» aggiunge. Tuttavia, nonostante gli annunci apocalittici, i robot a Stradella non sembrano affatto una minaccia, almeno per adesso.
Uno studio commissionato nel 2016 da Dhl sull’utilizzo della robotica nel settore della logistica denuncia infatti che solo il cinque percento dei magazzini della società impiega dei sistemi di automazione evoluti. Per sostituire le persone in questo lavoro è necessario costruire delle macchine che abbiano capacità percettive e aptiche molto più sofisticate di quelle impiegate nel settore manifatturiero. I libri, tutti diversi per dimensioni, per adesso sono una sfida difficile. È affidata totalmente alle mani degli addetti, ad esempio, «l’incoronazione», ovvero l’inserimento della fascetta che sempre più spesso avvolge un volume, nella speranza di attirare il lettore. «Non è sostenibile per Ceva affrontare la spesa di un macchinario che automatizzi questa procedura, perché i libri sono tutti diversi» afferma Musuruana. In caso di premio letterario, poco prima della proclamazione gli editori spediscono a Stradella le fascette di carta per il primo e il secondo classificato. Quando il premio viene assegnato i magazzinieri avvolgono i libri con la giusta fascetta. Un lavoro che, ripetuto migliaia di volte, assume aspetti ciclopici. Pensateci prima di buttarla via scocciati la prossima volta.
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