Uscito dalla matita di Walt Disney, Topolino è perspicace, svelto e ottimista, in grado di padroneggiare storie di ogni genere e destreggiarsi tra le strisce dei fumetti e il grande schermo del cinema. Altrettanto dinamico, arguto e coraggioso è Asterix, frutto dell’ingegno di René Goscinny e Albert Uderzo: il minuto guerriero con l’elmetto alato che, all’epoca della conquista della Gallia da parte di Giulio Cesare, si batte per difendere l’indipendenza del proprio villaggio in Armorica, si avvale di una pozione magica e dell’inseparabile amico Obelix. Abile e svelto al punto da sparare più velocemente della propria ombra, Lucky Luke, creato da Morris, riesce a risolvere i suoi guai senza ricorrere all’uso delle armi e rimanendo imperturbabile anche nelle situazioni più disperate. Alto e magro, cappello da cowboy e filo d’erba in bocca, si muove in uno scenario da Far West, tra saloon e villaggi indiani. Ma che cosa hanno da dire questi tre personaggi dei fumetti alla filosofia e alla teologia?
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Asterix e il papiro di Cesare
Cesare
Quando ho incontrato per la prima volta Cesare? Intendo dire: quel Cesare! Senz’altro non è stato durante le lezioni di latino, quando la sua Guerra gallica (De bello gallico) era una lettura obbligata ritenuta, in modo erroneo, un testo per principianti. Il mio primo incontro con Cesare è stato attraverso Asterix. Gli irriducibili Galli – con l’aiuto di una pozione magica, intelligenza, senso dell’umorismo e ironia – rendono la vita difficile alla grande Roma e al suo dittatore quasi invincibile. Talora il trio formato da Asterix, Obelix e Idefix dà addirittura una mano al nemico Cesare, consentendogli ad esempio la vittoria sul rivale Pompeo oppure permettendogli di salvare il figlio suo e di Cleopatra. Altre volte, invece, lo umiliano o lo spingono nella disperazione più nera.
Come insegnante di latino, mi sono ritrovato a stare dalla parte dell’Imperium romanum e non più da quella degli irriducibili Galli o degli alunni perplessi e disorientati. E ancora con Cesare, ritenuto una lettura facile per principianti! Il mio obiettivo però non era quello di presentare labirinti, montagne o campi di battaglia grammaticali, ma di introdurre a una letteratura di qualità, affascinante, che può senz’altro essere estremamente problematica e che va letta criticamente, in particolare nel caso di Cesare, la cui qualità letteraria era indiscussa già nell’antichità. Ma ci chiedevamo se stessimo leggendo i testi di un genio o quelli di un carnefice.
«Quando Herder afferma che la facilità con cui Cesare vinceva diviene riconoscibile anche dal suo modo di scrivere, si riferisce a un intimo nesso già notato nell’antichità. Secondo Quintiliano, Cesare ha parlato con lo stesso spirito con cui conduceva le sue guerre […], in particolare loda la “potenza” del discorso di Cesare […], l’acutezza […] e il fuoco entusiasmante unito alla rapidità […]. Tutto questo in effetti lo contraddistingue anche come condottiero. […] Infatti, non mancano le attestazioni che Cesare usasse la parola immediatamente come un’arma».
Un capolavoro, un’arma linguistica di alto livello, ecco cosa sono i Commentarii: «Cesare ha pubblicato i suoi Commentarii (il termine si riferisce ai rapporti annuali ufficiali di un funzionario statale romano […]) probabilmente nel 52 a.C. […]».
«Nei suoi Commentarii, Cesare si presenta a noi come un buon organizzatore, un condottiero avveduto e padrone della situazione, e allo stesso tempo come un generale di grande talento. Mentre esibisce la sua famosissima clementia nei confronti dei suoi nemici politici interni, non esita a tenere una condotta di guerra talora brutale. Esempi di questo sono la strage dei Tigurini (I, 12), l’annientamento degli Usipeti e dei Tenteri (IV, 14s), oppure il massacro di Avarico (VII, 28)».
Nella sua biografia, Matthias Gelzer commenta così l’assassinio di Cesare (44 a.C.): «Sgomenti, vediamo la sua figura luminosa sprofondare nel buio di questa catastrofe. Quale tragicità incombe sulla vita del grande genio prodotto da Roma, cancellata da alcuni romani che credevano di agire per incarico della loro res publica».
E su Avarico, Gelzer afferma: «Nella loro furia, i soldati trucidarono l’intera popolazione, compresi donne e bambini, probabilmente circa quarantamila persone».
Asterix
È famosa la prima frase del De bello gallico:
«Gallia est omnis divisa in partes tres… Generazioni di insegnanti e studenti hanno iniziato il loro percorso attraverso il Bellum Gallicum con questa frase […], ma solo pochi sono arrivati a rendersi vagamente conto del fatto che qui con molte parole non viene detto praticamente nulla. […] Cesare, tralasciando quello che avrebbe potuto interessare a un potenziale conquistatore della Gallia, evita il sospetto che ci sia venuto in quanto tale. Sarebbe una canaglia chi dovesse pensare una cosa del genere: l’unico desiderio di Cesare è quello di proteggere degli alleati».
Il nuovo Asterix inizia nel 50 a.C. e ci presenta la storia (fittizia) della pubblicazione dell’opera di Cesare. L’agente letterario Bestsellerus, editore e aguzzino di schiavi (nel vero senso del termine), esclama: «“Commentari sulla Guerra gallica”: questo sì che è un titolo, o Cesare! Sarà un successone!». In opposizione a Cesare, che sarebbe piuttosto a favore della «triste verità storica», Bestsellerus propone di eliminare il capitolo sui «Rovesci subiti per mano degli irriducibili Galli d’Armorica». Cesare acconsente, con il fine di manipolare il Senato. Legionario 1: «Aò, ce stai a capi’ gnente de tutto ’sto parla-parla?». Legionario 2: «Per me ’ste opere moderne so’ greco».
Il papiro ora deve sparire dallo scrittoio, ma uno scriba numida, di nome Bigdatha, riesce a sottrarre il testo. Nel frattempo, i Commentarii di Cesare divengono un successo editoriale, come annunciato dagli acta diurna: l’Expressum parla di «Un testo completo e avvincente», mentre Er Messaggero di «Un ciclone nel mondo delle lettere». (Obelix, che come sempre rende semplici cose complesse in maniera straordinariamente ingenua, commenta: «Cesare uno scrittore? Ma non era un militare?»).
Nel frattempo, il nostro villaggio gallico viene influenzato in maniera determinante dagli oroscopi alla moda: il vecchissimo Matusalemix dovrebbe aspettarsi nuove conquiste (suscitando il malcontento della moglie gelosa); oppure, riguardo a Obelix: «Evitate i conflitti. Rimettetevi in discussione. Riducete il consumo di cinghiali». E infine Beniamina, la moglie del capo,dovrebbe risvegliare il leader che è in lei. Proprio qui vengono gettate le basi della narrazione successiva: invece di pestare i romani, come ci si attenderebbe, Obelix si impegola in meta-riflessioni, mentre i legionari possono scappare via illesi: «Ridurre i romani crea in me un conflitto, come ridurre i cinghiali. Perciò, siccome devo ridurre i conflitti… se riduco i romani, ahem…». E Idefix commenta: «?». E prima della battaglia finale, Guglielmina e Abraracourcix – una meravigliosa eco di sua moglie e sempre sospinto avanti da lei – devono chiarire o meglio contrattare una volta per tutte i rapporti di forza, cosa che di nuovo irrita profondamente i soldati romani. Tutti gridano contro tutti, ma non avviene nulla. Questi dialoghi discontinui sono un vero incanto. Ma torniamo all’inizio. Durante un’orgia – in modo anacronistico, lo stile di Cesare viene paragonato a quello del poeta di età augustea Virgilio – Bestsellerus apprende che il documento segreto è caduto nelle mani di Vispolemix, un attivista gallico. Vispolemix, la versione antica di un giornalista d’inchiesta, si rifugia proprio in quel villaggio gallico: «È la prova che Cesare ha mentito e che non tutta la Gallia è stata conquistata. Quando i romani lo verranno a sapere sarà uno scandalo enorme, che farà tremare l’impero». Vispolemix viene inseguito da unità speciali romane, che per la trasmissione dei messaggi si affidano ai piccioni. Nel corso di una riunione segreta, il capo gallico manda la sua unità speciale assieme al druido Panoramix, il quale propone di andare a trovare Archeopterix: «Vive nella foresta dei Carnuti… Inciderà quel papiro nella sua memoria affinché sia tramandato, come vuole la nostra tradizione, di bocca in bocca».
Vorrei fare due commenti su questo:
1. Nella digressione sui Galli, Cesare scrive: «Tutti i druidi obbediscono a un unico capo che ha su di loro la più alta autorità. […] I druidi in un periodo fisso dell’anno siedono in giudizio in un luogo sacro, nella terra dei Carnuti, che si ritiene essere il centro della Gallia»; e così continua: «Da loro, a quanto pare, [gli apprendisti druidi – nota dell’autore] debbono imparare a memoria un gran numero di versi […]. Non ritengono lecito scrivere i loro sacri precetti […] poiché i discepoli non li studino con minore diligenza, confidando negli scritti». (Il modo in cui viene rappresentata la foresta dei Carnuti, inoltre, ricorda un po’ «Lo Hobbit»). Un unicorno conduce gli eroi attraverso la foresta, dove Obelix scambia gli unicorni per capre selvatiche; e si irrita tremendamente anche perché Cesare lo definisce grasso nel papiro che Panoramix legge ad Archeopterix. Anche Assurancetourix fa la sua grande comparsa: con il mugghiofono attiva la catena di trasmissione dei messaggi che, scambiata dai pirati per «sivene», raggiunge infine Asterix e i suoi amici nella foresta dei Camuti – per mezzo di uno scoiattolo che comunica twittando.
2. Con l’episodio della foresta dei Carnuti, il fumetto si tramuta improvvisamente in un mito eziologico, ossia una storia che spiega (in modo autoriflessivo) la genesi degli albi di Asterix. Cesare alla fine recupera il papiro, ma, stando al postscriptum, la tradizione orale gallica riesce ad arrivare ai due autori moderni: «Hai sentito, Albert?», «Fantastico, René!»,32 e l’ultima vignetta mostra gli albi già pubblicati della serie di Asterix. Tuttavia, mentre la tradizione scritta di Roma è sempre minacciata dalla censura, la tradizione orale dei Galli rimane invece affidata alla cattiva memoria dei suoi druidi, con Archeopterix che ha parecchi problemi a ricordare i nomi.
Bestsellerus
Alcune delle mie scene preferite sono legate al personaggio di Bestsellerus, il quale, ad esempio, dopo aver ricevuto il seguente messaggio: «degli irriducibili», «papir.loc.vill.gall.» (si prega di leggere al contrario), quando viene chiamato da Cesare, ancora ignaro degli sviluppi della situazione, reagisce gridando – prima verde in volto, poi diventando tutto paonazzo e strapazzando il suo schiavo –: «Cesare? Quale Cesare? Quel Cesare?». In grassetto: tricolon, climax, allitterazione, homoioteleuton, repetitio, asindeto, domande retoriche (di Cesare, infatti, ce n’è uno solo), e l’articolo come pronome dimostrativo. È un fantastico accumulo di figure retoriche in davvero poco spazio (brevitas).
Oppure quando Bestsellerus (che porta una meridiana da polso veramente chic) minaccia i Galli con un ultimatum: «Tra pochi istanti, il carro di Febo raggiungerà la metà del cielo». Gallo 1: «Eh? Un carro? Ma dove?»; Gallo 2: «E chi è Febo?». E poi, pensiamo a quello che avrebbe potuto leggere il mondo, se Bestsellerus non fosse caduto in disgrazia presso Cesare: «“Cesare: Le citazioni memorabili”; “Cesare: Cento ricette con l’alloro” […]. “Cesare: Le più belle lettere d’amore a Cleopatra”».
Epilogo
Nessuna dittatura al mondo potrebbe mai prevalere sull’intelligenza, il buon umore e l’ironia. Inoltre non scrivo nulla di nuovo se affermo che Asterix si deve anche alle opere di Cesare e vi fa continuamente riferimento. Basti pensare ai molti e accurati dettagli tratti dal mondo antico; alle allusioni ironiche al moderno apparato dei media e di controllo; ai nomi eloquenti, come ad esempio il legionario Antivirus, a una narrazione a più livelli e così via. Come Asterix e i Pitti, anche questo albo si ricollega alla qualità dei volumi più vecchi, che mi è parso abbia rischiato di andare perduta per diversi motivi, dopo Asterix in America.
«Perché, anche se certamente nessuno potrebbe raggiungere il livello di Goscinny, difficilmente qualcun altro potrebbe superare quello narrativo di Uderzo. […] Così, ogni due anni appaiono delle nuove avventure di Asterix che ogni volta potrebbero oscurare la celebrità della serie».
Questo pericolo sembra essere ora superato. E quanta sapienza è racchiusa nella piccola scena in cui alla fine del fumetto Abraracourcix, il capo del villaggio, consegna a un Cesare allibito il suo commento (= proposte di correzione) ai suoi Commentarii. Quando un mio alunno delle scuole medie ricevette indietro il suo ottimo compito in classe corretto, esclamò: Veni, vidi, vici (climax, tricolon, allitterazione, asindeto, homoioteleuton…).
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