Il Vangelo come non l‘avete mai letto (Fabrizio Centofanti, Effatà, 2014)
Raccontare il Vangelo è stato, fin dai tempi antichi, una sfida per credenti e non credenti: come di fronte a un panorama che non cessa mai di affascinare l’osservatore, la vita terrena di Gesù ha sempre stimolato gli artisti a trovare angolature diverse per ripercorrere in maniera sempre nuova e sempre più profonda le vicende, i miracoli, le parole di Cristo. “Il Vangelo come non l’avete mai letto” di Fabrizio Centofanti si inserisce in questo solco: l’autore, cui va riconosciuta un’ampia conoscenza del testo biblico, ha scandagliato i vangeli – ma non solo: sono frequenti i riferimenti all’Antico Testamento – per recuperare tutti i dettagli possibili, anche quelli che di solito sfuggono al lettore medio; li ha poi confrontati, accostati, intarsiati con la pazienza dell’artigiano e l’estro dell’artista in un centinaio di brevi capitoli che ripercorrono la vita del Messia. Non è tanto l’aspetto cronologico a interessare l’autore, quanto l’intenzione di dare un senso globale ai frammenti: infatti, se è vero che il messaggio non sarebbe esistito senza quel percorso terreno, l’obiettivo di Centofanti (e, a ben guardare, del vangelo) non è raccontare una storia ma testimoniare il messaggio, che accompagna i fatti ma allo stesso tempo li supera, li sublima, li lascia sullo sfondo per comunicare qualcosa di più.
È un messaggio fresco, lascia intendere l’autore, diverso ogni volta che lo leggiamo; e non potrebbe essere altrimenti perché è il messaggio di un Dio «che non si adatta ai nostri schemi, snobba i moralismi e mette a soqquadro i nostri piani», che invita alla conversione e semina speranza, che fin dai primi passi – l’annuncio della natività ai pastori – “rovescia ogni schema sociale e culturale”. Un messaggio diverso da quello che ci aspettiamo, avverte Centofanti, perché «la devozione è un surrogato edificante ma la realtà ha uno spessore più drammatico»: ha il sapore di un Dio che si fa uomo «tra le magagne dell’umanità», che si usa della ragione e della fede, ma soprattutto di un Dio che «non guarda all’apparenza, guarda al cuore».
Centofanti si muove tra quelle “realtà complesse” che sono i sinottici, «un mosaico le cui tessere risultano spesso intercambiabili» e «in cui si scoprono combinazioni sempre nuove» pur nel rispetto di a un “disegno definito”: riflette, rilegge, ricostruisce con il gusto dell’interpretazione e una certa vocazione alla narrazione; riscopre un Gesù molto umano e spesso incompreso dai suoi stessi discepoli, un Gesù che si interroga, si indigna, soffre, consapevole della sua missione e quindi del suo destino, che intravede con sempre maggiore frequenza man mano che si avvicina il momento fatale.
Un Gesù «venuto nel mondo per smascherare ogni visione distorta della vita», imprevedibile e spiazzante di fronte ai religiosi con le loro “false sicurezze” e “la faccia triste di chi giudica”, che vuole comunicare la promessa di Dio, un annuncio “clamoroso” quanto “dirompente” che segna “la fine di una fede esteriore” sotto i colpi di un messaggio di verità, libertà, amore. Un messaggio che vale la pena di riscoprire e rileggere costantemente ma, soprattutto, di vivere pienamente.
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