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Intervista alla Casa Editrice Leo S. Olschki

di Daniele Olschki - Rebeccalibri

La Casa Editrice Leo S. Olschki, che quest’anno compie 135 anni, costituisce una realtà di particolari caratteristiche nel vasto panorama dell’editoria nazionale.

Per lunga tradizione, l’attività si identifica con il settore delle scienze umanistiche nella più vasta accezione del termine.

La casa editrice, pur pubblicando principalmente in italiano, destina quasi metà del fatturato all’estero e questo sottolinea il suo ruolo storico nella diffusione della nostra cultura oltre confine. La sigla “dal cuore crociato e diviso”, come la definì Gabriele D’Annunzio, è familiare agli specialisti, agli studiosi, ai bibliotecari di tutto il mondo e ha un particolare significato per gli istituti culturali e le università. La storia della Casa Editrice, proposta in due grossi tomi nella celebrazione del centenario, poggia ad oggi sull’arco di quattro generazioni della stessa famiglia e questa rara continuità costituisce il presupposto per un lungo cammino ancora da percorrere nel mondo e per il mondo della cultura.

Quest’anno ha fatto ingresso in Rebeccalibri.it con una prima selezione di titoli e con l’intenzione di arricchire la proposta per i nostri lettori.

 

INTERVISTA a OLSCHKI

1. L’aspetto più importante – e quasi obbligato – quando si incontra un editore, è collocarne il catalogo: linea editoriale, pubblico di riferimento, esperienze passate e ipotesi per l’immediato futuro. Come presenterebbe, per linee essenziali, la Vostra mission e la Vostra esperienza editoriale ai lettori di «Pensare i/n Libri»?

La nostra linea editoriale è rimasta fedele alle scelte del fondatore, fino alla decisione di mantenere il suo nome all’interno del nostro logo editoriale. Quindi il campo in cui operiamo resta quello di una specializzazione orizzontale nei vari settori delle scienze umane, dalla letteratura, alla storia, storia dell’arte, storia della scienza, ecc. Il pubblico di riferimento è principalmente legato a quello della pubblica lettura, con un riconoscimento a livello internazionale, dove le nostre pubblicazioni sono presenti in una percentuale che rappresenta quasi il 50% del mercato.

 

2. Quante novità e ristampe pubblicate ogni anno?

Fino a una quindicina di anni fa arrivavamo a superare i cento titoli l’anno, ultimamente ci aggiriamo intorno alle 60 novità, oltre a un numero limitato di ristampe, sia per la diversa situazione del mercato, sia per una più attenta selezione delle proposte che riceviamo. Non dobbiamo dimenticare che, al lato della produzione dei volumi, abbiamo la cura di 24 riviste. 

 

3. Innumerevoli sono le collane della casa editrice: quali sono quelle “storiche” e come si caratterizzano? Ci sono nuove collane nei vostri progetti editoriali?

In effetti il nostro catalogo offre un panorama sterminato di collane, in parte legate ad accordi presi con accademie, fondazioni e università, molte delle quali chiuse o di scarsa vitalità per scelte o eventi intercorsi. Le nostre collane storiche restano la “Biblioteca dell’Archivum Romanicum”, nata nel 1921 e che oggi ha superato i 500 titoli; la “Biblioteca di Bibliografia”, avviata nel 1923; l’ “Historiae musicae cultores”, del 1952, le due collane di “Lettere Italiane”, aperte negli anni sessanta e molte altre più recenti che ormai si possono considerare “storiche” come “Giardini e paesaggio”, ormai ventunenne, oltre a tante altre che è impossibile citare qui. I progetti futuri hanno da poco preso il via con nuove collane come “Ambienti del Diritto” e “Scientia atque usu” che avviano nuovi campi di ricerca, sempre però nella nei confini d’indagine della nostra produzione.

 

4. Nella diffusione dei testi all’estero avete una vostra rete di contatti distributivi storicamente costruita oppure vi appoggiate a piattaforme internazionali oppure ad Amazon?

La nostra presenza all’estero si è basata per a livello istituzionale sui rapporti storici avviati fin dai primi del ‘900; da tanti anni ci siamo appoggiati, per la distribuzione, soprattutto su Casalini Libri. In base ai risultati ottenuti ci siamo convinti che la nostra presenza possa essere ampliata anche verso altri settori di mercato e in questa direzione ci stiamo muovendo. Per quanto riguarda Amazon, anche noi registriamo una progressiva e costante crescita in termini di fatturato.

 

5. Nello specifico, i titoli con cui avete fatto ingresso in Rebeccalibri raccontano di una casa editrice che pone attenzione al “religioso” nella sua trasversalità, sociale, storica, letteraria. Come collochereste l’interesse di Olschki per la dimensione religiosa? 

Non manca nella nostra produzione un attenzione specifica a queste tematiche, che ruotano intorino alla nostra “Rivista di Storia e Letteratura religiosa”, fondata nel 1965, alla quale si affiancano due collane, anch’esse avviate in quegli anni e come tali ormai considerate “storiche”. Sempre nel campo delle novità, posso citare “Il Santo Natale, nella novena di Alfonso Maria de’ Liguori” uscito nel dicembre scorso con una importante introduzione del Cardinale José Tolentino de Mendonça.

 

6. Come nasce un libro Olschki? Per schematizzare, lavorate prevalentemente sulla selezione di proposte di cultura che vi vengono presentate oppure la vostra redazione fa scouting di temi e autori, direttamente e/o tramite collaboratori e consulenti esterni?

Per maggior parte ci basiamo sulle proposte che ci vengono presentate valutandone la qualità scientifica e il possibile inserimento in nostre collane. Abbiamo anche dei consulenti esterni che ci sottopongono testi che possono rientrare nel nostro campo d’azione.

 

7. Nella programmazione editoriale e nel catalogo quanto pesano le collane con le istituzioni culturali, le università, le Edizioni Nazionali, etc.

Dagli anni sessanta la precedente generazione ha scelto di proporci come braccio editoriale di tante istituzioni italiane e straniere e per tale impostazione il nostro catalogo si è arricchito di un nutrito numero di collane che le rappresentano. Per la nostra natura e la garanzia di mantenimento “sine die” delle edizioni in catalogo, rappresentiamo lo sbocco naturale per numerose edizioni nazionali che rappresentano quindi un nostro punto di riferimento.

 

8. Olschki è una casa editrice di grande tradizione e nel 2021 compie ben 135 anni. Quali sono le tappe fondamentali del Vostro percorso editoriale e quali orizzonti Vi piacerebbe raggiungere?

Più che delle tante imprese editoriali portate a compimento nei 135 anni di vita, mi piace soffermarmi su quei momenti in cui la nostra attività è stata a un passo dal chiudersi per sempre. Il 1915, quando Leo Olschki fu costretto all’esilio, attaccato dagli interventisti per la sua origine prussiana; Il 1938 per la promulgazione delle leggi razziali e il nuovo definitivo esilio; il passaggio della guerra con la distruzione della nostra sede; la ripartenza postbellica che sembrava impossibile e il susseguente tentativo di acquisirne la proprietà da parte di Michele Sindona; l’alluvione del 1966 nella quale perdiamo il nostro magazzino di libri. E ogni volta siamo riusciti a ripartire con le nostre forze e con la fede nella cultura del libro, che oggi e nel futuro resta l’orizzonte verso il quale ci muoviamo.

 

9. Olschki porta con sé l’influsso delle città che l’hanno ospitata, Verona, Venezia e Firenze, quest’ultima sede ormai storica della casa editrice. In che modo il territorio incide sulle scelte editoriali della casa editrice e come si colloca Olschki nel più ampio panorama culturale ed editoriale europeo?

Sarebbe impossibile non riconoscere che le tre realtà nelle quali si è avvicendata la sede della casa editrice, non abbiano esercitato un influsso sulla nostra produzione editoriale, in modo particolare Firenze che esercita un forte richiamo sulla parte rinascimentale del  nostro catalogo, tuttavia le scelte editoriali si muovono su base internazionale, tanto che riceviamo e pubblichiamo proposte che giungono da ogni parte del mondo, in gran parte destinate alla valorizzazione del patrimonio culturale italiano.  

 

10. L’editoria digitale da alcuni anni è una realtà sempre più significativa, tanto più in questo momento storico. Ritenete che possa dare un valore aggiunto al vostro modo di fare libri? Qual è il peso gli e-book nel vostro catalogo?

La vocazione della casa editrice non è verso l’editoria digitale. Per noi il libro in quanto tale, la cura nella sua realizzazione, l’attenzione non solo al contenuto, ma anche agli elementi che lo definiscono come “oggetto” esperienziale e insostituibile, è parte sostanziale del lavoro. Tuttavia, non disconosciamo l’opportunità della distribuzione digitale che va incontro a esigenze specifiche e che è ormai imprescindibile. Per questo è stata digitalizza una parte molto consistente del nostro catalogo e il progetto va avanti con l’intento di coprire l’intero arco della produzione storica. Attualmente distribuiamo attraverso le piattaforme Torrossa di Casalini Libri e Jstor (per le riviste) con risultati molto interessanti e durante il lockdown abbiamo attivato un servizio di anticipazione dell’edizione digitale.

 

11. Come ritenete possa influire l’esperienza dell’attuale pandemia sul Vostro modo di lavorare, sulla programmazione editoriale e sulle scelte commerciali e di marketing?

La pandemia è intervenuta in un mercato che da anni è in difficoltà e ha attivato una reazione estremamente interessante, sia rispetto alle idee che sono state messe in campo per sopperire alle esigenze del primo momento, sia rispetto alla reazione del pubblico e dei lettori. Si tratta adesso di mantenere viva l’attenzione alle esigenze e alle opportunità,  a livello di scelte commerciali e di marketing, esercitando una programmatica flessibilità, anche innovando rispetto a atteggiamenti del passato; significa sperimentare cum grano salis e riuscire a modificare il percorso in base alle risposte che abbiamo dal mercato.

 

12. L’Italia è ormai da tempo molto in basso nelle classifiche della lettura in Europa. Quali ricette suggerireste per invertire la rotta e far risalire il gusto per la lettura, soprattutto nei giovani?

Il passaggio fondamentale è quello della scuola. Non è un caso che il libro come tale venga da molti ripudiato una volta concluso il ciclo. Dovremmo indirizzare la lettura dei giovani al di fuori del ristretto ambito dei libri di testo, sollecitandoli a letture parallele in quegli ambiti che ciascuno può maggiormente sentir propri. E’ una grande responsabilità che i docenti hanno nel futuro dei potenziali lettori.

 

13. Per un osservatore esterno vi è quasi sempre la tendenza a soffermarsi sulle affinità anziché sulle differenze, e quindi immaginare il pubblico dell’editoria religiosa come omogeneo. Quale è la Vostra opinione in proposito?

Dal nostro punto di vista di un’editoria umanistica le differenze sviluppano le affinità, soprattutto nella dimensione attuale della diversa declinazione dei molteplici aspetti culturali.

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