Nel 2016 il linguista Giuseppe Antonelli coniava il termine e-taliano, per indicare quella versione della nostra lingua che si andava modellando sulle pratiche del web, un italiano che «si è diffuso con le e-mail, si è affermato con gli sms e adesso quasi tutti usiamo nei social network e nelle messaggerie istantanee».
Tuttavia, soprattutto se osserviamo da vicino i linguaggi giovanili, possiamo facilmente rilevare che a distanza di pochi anni i cambiamenti nelle modalità di comunicazione sono più profondi, tanto nella sfera dei consumi mediali quanto in quella della produzione. È soprattutto in questo secondo ambito che le cose sono mutate: gli strumenti digitali hanno consentito a tutti di essere non solo consumatori, ma anche produttori di contenuti, tanto che è comune l’uso del termine prosumer per indicare il doppio ruolo che ciascuno di noi gioca nel nuovo sistema mediale.
L’espandersi a dismisura della dimensione partecipativa e produttiva ha avuto un impatto sui codici espressivi che – trasformati e rigenerati nelle piazze virtuali – si sono riversati anche fuori dal web.
Non solo immagini e video: il testo scritto persiste e completa la comunicazione
Se la cultura tipografica si basava sul codice scritto e forgiava una «mentalità alfabetica» basata su sequenzialità e profondità, i nuovi media vedono il predominio del codice visuale e l’emergere di una cornice mentale legata alla frammentarietà, all’orizzontalità e alla velocità. Nel flusso della cultura digitale il ruolo dell’immagine, fissa e in movimento, è dominante e, in particolare tra le giovani generazioni, spopola nel formato video: è sotto gli occhi di genitori ed educatori come ogni giorno bambini e ragazzi consumano ore e ore sulle piattaforme di YouTube, Twitch e TikTok, ma anche con videogiochi e serie tv.
Il testo scritto non è però bandito da questi contenuti, anzi, si fonde spesso indissolubilmente con essi: in TikTok i video sono tutt’uno con gli immancabili hashtag e le didascalie dissacranti, gli stream di Twitch sono commentati nelle live chat, i Reel di Instagram hanno parole in grafica che accompagnano le performance, le app di realtà aumentata espandono le informazioni su ciò che stiamo guardando con contenuti testuali.
In tutti questi esempi, è come se le parole da sole non bastassero più a comunicare e raccontare. Al contempo, per assumere pienamente senso immagini e video sembrano avere bisogno di un contrappunto scritto che aggiunga commenti ironici, punti di vista alternativi, richieste, informazioni, spiegazioni.
I fumetti continuano a piacere ai più giovani, spalleggiati però dai formati digitali come il webtoon
La predilezione per il connubio testo/immagini può spiegare il gradimento dei giovani e giovanissimi per un genere tutto sommato tradizionale come il fumetto, dove vignette e balloon si intrecciano e concorrono a raccontare storie, personaggi e situazioni.
Sono le
nuove declinazioni del fumetto ad attrarre maggiormente, come i
graphic novel, il cui
mercato è in costante espansione anche nel nostro Paese. Lo testimonia tra le altre il fatto che alla prossima edizione della Bologna Children’s Bookfair sarà prevista una nuova area dedicata a questo genere. I
manga, inoltre, rappresentano un’ondata che sta investendo le librerie di catena italiane, favorita dalla diffusione degli
anime (i cartoni animati giapponesi) fruibili attraverso le principali piattaforme di video on demand (soprattutto Netflix e Amazon, ma anche l’emergente Crunchyroll). E sempre da Oriente arrivano i
webtoon, le storie a fumetti sudcoreane che nascono per essere fruite a episodi sullo schermo del telefono. Ancora poco conosciuto nel nostro Paese,
questo formato altrove è già in grado di dialogare con l’editoria tradizionale e di condizionare le produzioni televisive. Uno dei webtoon di maggior successo online,
Lore Olympus di Rachel Smythe, è divenuto una serie di graphic novel pubblicata quest’anno dall’editore statunitense Del Rey Books, afferente a Penguin Random House.
Tra podcast e audiolibri, la dimensione orale riemerge nel sistema dell’intrattenimento digitale
Oltre all’immagine, nella cultura digitale torna a occupare uno spazio importante la dimensione orale. I ragazzi hanno colto e sfruttato velocemente la possibilità di registrare messaggi e di interagire con la tecnologia attraverso gli assistenti vocali, riducendo ulteriormente il campo d’azione della lingua scritta in favore di quella parlata. A differenza di quella primaria, però, l‘«oralità di ritorno» si trova a convivere con il codice scritto. Questa propensione alla dimensione orale ha portato podcast e audiolibri a essere un settore dell’editoria in grande espansione, al punto che molte piattaforme di e-book offrono oggi la doppia possibilità di leggere il testo digitale o di ascoltarne l’audiolibro. Posto che la fruizione orale richiede competenze tecniche meno specifiche della lettura, l’ascolto di un contenuto audio viene spesso vissuto come un’esperienza a cui dedicare minore attenzione e un impegno interpretativo limitato. Il fatto di creare testi che devono essere ascoltati e non letti ha ovviamente un impatto sulla scrittura. Gli autori di podcast adottano infatti modalità espressive tipiche del messaggio radiofonico, che si rafforza ricorrendo a colloquialità e ridondanza (la ripetizione di alcuni concetti e parole chiave), e a meccanismi propri del racconto orale, come la riproduzione dei rumori d’ambiente e l’accompagnamento musicale.
Se vuoi parlare ai ragazzi, conosci e rispetta la loro lingua
È dunque evidente che dall’ecosistema mediale emerga una lingua non più solo alfabetica, che per comunicare ricorre anche a immagini, icone, emoticons, filtri, audio… Per i giovani è il concetto stesso di scrittura ad allargarsi: una sequenza determinata di emoticons da sola serve a indicare il tono della conversazione su Whatsapp, un meme su Reddit lancia un messaggio personale e allo stesso tempo partecipa a una conversazione, una gif animata sostituisce l’espressione di uno stato d’animo o di una reazione emotiva su Instagram. Nell’ipertrofia e bulimia delle conversazioni, per velocizzare la scrittura si arriva necessariamente alla sintesi: abbreviazioni, hashtag, gif, ma anche tormentoni e neologismi. È un linguaggio che emerge soprattutto nelle chat di instant messaging e nei social network, dove le nuove generazioni cercano uno slang per comunicare tra coetanei e per marcare le distanze con il mondo dei grandi. Per gli adulti è un linguaggio criptico, che cambia molto velocemente ed è basato su codici incomprensibili se non si frequenta la community in cui è nato.
Editore, non fare il boomer
Quindi, nel momento in cui un editore intende dialogare con un pubblico young adult, deve guardarsi dall’adottare i linguaggi giovanili senza averne padronanza: il rischio di essere boomer è dietro l’angolo. Infatti, chi al momento riesce a parlare meglio con i propri lettori sono gli autori che si muovono nelle piattaforme di self publishing e scrittura collaborativa. Chi scrive storie su Wattpad e Webtoon intrattiene, alla fine di ogni capitolo, una conversazione con gli utenti che lo seguono, passando con naturalezza dalla voce narrante a quella dell’autore e spesso rimandando i fan ai propri account social, dove adotta la postura, il gergo e le regole condivisi dalla community.
Per un editore, un allontanamento dalla norma linguistica così repentino come quello accaduto in questi ultimi anni può essere disorientante. Ci troviamo però di fronte a una vitalità della lingua che non va snobbata, condannata, ma nemmeno scimmiottata. Rispettare i lettori vuol dire innanzitutto rispettare la lingua che parlano, perché quello che ci pare strano oggi sarà probabilmente la norma linguistica di domani.
Quest’articolo fa parte di una rubrica nata dalla collaborazione tra il Giornale della libreria e il portale online Mamamò, a cura delle sue fondatrici: Roberta Franceschetti ed Elisa Salamini. I temi affrontati sono quelli del digitale per bambini e ragazzi, tra contenuti e contenitori narrativi, nuove tendenze e aspetti d’interesse e di convergenza con il settore editoriale.
Mamamò è un portale online che dal 2012 si occupa di educazione digitale e formazione nel campo della media education. Ha curato i programmi dei DigiLab rivolti a bambini e ragazzi presso il BookStockVillage del Salone del Libro di Torino. Le due fondatrici, Roberta Franceschetti ed Elisa Salamini, sono giornaliste con anni di esperienza nel settore dell’editoria, della comunicazione online e dei contenuti digitali per ragazzi. Il loro lavoro indaga il connubio ragazzi e tecnologia, per esplorare in particolare lo sviluppo di nuovi format in chiave narrativa, dalle app ai videogiochi, dalle serie tv ai canali YouTube. Sono co-autrici della nuova serie animata MeteoHeroes, che spiega il cambiamento climatico ai più piccoli. Sono autrici del libro Youtuber – Manuale per aspiranti creators di prossima pubblicazione con Editoriale Scienza. Dal 2017 Roberta Franceschetti è membro della giuria del BolognaRagazzi Digital Award della Bologna Children’s Bookfair.
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