Sophie Scholl. La forza della debolezza (Giulia P. Di Nicola, Effatà, 2020)
L’ossimoro del titolo enfatizza sinteticamente le contraddizioni delle guerre, delle dittature, delle lotte contro i poteri tirannici, contro le discriminazioni razziali, religiose, di genere. Costretta a soccombere nell’opposizione alla dittatura di Hitler per la debolezza della sua condizione di ebrea e di donna, Sophie Scholl giganteggia invece sempre più in tutta la sua forza dopo la seconda guerra mondiale. Insieme al fratello Hans e alla sorella Inge,aveva formato nel 1941 il gruppo antinazista cristiano detto “La Rosa Bianca”con altri studenti dell’università di Monaco, tra cui Wittenstein. Quest’ultimo, fuggito negli Stati Uniti dove è morto nel 2015, è uno dei pochi soprawissuti alle esecuzioni di molti componenti del gruppo, dopo la cattura e la condanna a morte immediata dei fratelli Sophie e Hans, sorpresi a diffondere volantini nell’università per sensibilizzare i giovani sui metodi sanguinari dei nazisti. G.P.Di Nicola si sofferma soprattutto sulla forza delle idee e dei valori che hanno animato le battaglie del gruppo contro i soprusi e le ingiustizie del potere, scandagliando in particolare l’animo di Sophie,appassionato e visionario in una lotta tanto più impari per una donna, che nei programmi del regime avrebbe dovuto diventare moglie e madre. L’autrice ne segue i dubbi, le oscillazioni,le vittorie e le cadute,nella fermezza però costante delle convinzioni di fondo e nella saldezza della fede. I motti spesso riportati nel Diario da Sophie, erano infatti «Uno spirito inflessibile e un cuore tenero», dalla lettura di Maritain, e “Forti nello spirito, teneri nel cuore”, dalle sentenze del fratello. “Anche per questo viene frequentemente accostata ad Antigone, a Socrate e agli altri eroi della coscienza”, osserva l’autrice, awalorando il richiamo all’eroina di Sofocle con la citazione di Nicoletti che nell’opera “La figura di Sophie Scholl” la definisce “una novella Antigone”. La lotta di Sophie, però, non è solitaria contro il potere e la violazione dei diritti sacri, ma è condivisa dagli amici in una forma di non violenza che agisce sulle coscienze, assumendo i caratteri epici di un dolore collettivo che coinvolge un intero popolo. Il dramma individuale si fa epopea tragica come nei Persiani di Eschilo, dove la sconfitta dei Persiani e la vittoria dei Greci hanno lo stesso valore umano perchè l’individuo non è assunto nella sua particolarità, ma in rapporto al comportamento della sua società e soprattutto del volere divino. O come nelle Troiane di Euripide, dove il coro delle prigioniere di guerra lamenta la loro sorte di essere assegnate agli Achei vincitori, mentre Troia brucia. Suona forte la condanna della guerra aggressiva e in una rappresentazione scenica fatta dopo la seconda guerra mondiale, la tragedia fu assunta come monito universale.
Con documentazione rigorosa sul piano storico e citazioni filosofiche, letterarie, filmiche a supporto del suo saggio, la Di Nicola ricostruisce il percorso della breve vita della Scholl ( 1921-1943 ),affiancando sempre al racconto degli eventi il processo di maturazione interiore, il travaglio di un’anima,la coscienza della necessità di partecipazione, di pesa di posizione, di non indifferenza. Su questo, giustamente, pone l’accento la sociologa, riportando a testimonianza le stesse affermazioni di Sophie: “E (i tedeschi) non devono solo provare compassione per questo dolore, ma molto di più: devono sentirsi corresponsabili [ … ] Ciascuno è colpevole, colpevole, colpevole!»; «Tutti vorrebbero liberarsi da questa complicità, ciascuno cerca di farlo, ma poi ricade nel sonno con la più grande tranquillità di coscienza. Ma non è possibile scagionarsi». Lo cantava negli anni ’70 De Andrè -“Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”- riferendosi all’indifferenza di chi non si sentiva in dovere di partecipare alla lotta contro le ingiustizie, a chi non si impegnava in prima persona nel contrastare il male. Si diventa corresponsabili del male, se non lo si contrasta, come insegnava Manzoni con la figura di Don Abbondio e ammoniva un testo più recente attribuito a Bertold Brecht( ma in realtà un sermone di Martin Niemoller): dopo gli zingari, gli ebrei, gli omosessuali, i comunisti per i quali non dissi niente, vennero a prendere me, ma “non c’era rimasto nessuno a protestare”. Quella che ci può salvare dall’indifferenza è l’etica della responsabilità, sottolinea Liliana Segre nel suo discorso di augurio ai maturandi di quest’anno, come quella che spinse Enea a caricarsi sulle spalle il vecchio padre Anchise nella fuga dall’incendio di Troia. Ed è l’insegnamento più profondo del sacrificio di Sophie Scholl e dei suoi amici, che ho dedotto dal saggio di G.P.Di Nicola.
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