Luogo di incontro fra le profonde trasformazioni che investono l'America Latina negli anni '60 e il processo di rinnovamento teologico avviato dal concilio Vaticano II, la conferenza dell'episcopato latinoamericano tenutasi a Medellín, in Colombia, nel 1968 ha segnato un "prima" e un "poi" nella storia della chiesa continentale. Espressione di una recezione creativa e selettiva dell'"aggiornamento" conciliare, il nome di Medellín è associato a quello dei principali contenuti delle sue conclusioni: opzione per i poveri, evangelizzazione coscientizzatrice, decentralizzazione delle strutture pastorali attraverso la costituzione di comunità ecclesiali di base. Il "sessantotto" della chiesa latinoamericana è stato tuttavia più evocato che oggetto di un adeguato sforzo di storicizzazione. Attraverso l'esame di un'ampia documentazione del tutto inedita, questo volume contribuisce ad una conoscenza più approfondita dell'ampio processo ecclesiale che porta la chiesa latinoamericana dal concilio all'assemblea di Medellín; un processo che trova un osservatorio privilegiato e il fondamentale elemento catalizzatore nella "squadra" di vescovi a capo dell'organismo continentale dell'episcopato (CELAM), ampliata dalla stabile collaborazione di molti religiosi, sacerdoti, laici, teologi e sociologi. Attenta ai sussulti dell'inquieta regione latinoamericana e ricettiva nei confronti dei fermenti che la attraversano, essa stimola il decollo di una nuova pastorale liberatrice e l'avvio di una riflessione teologica autoctona, che intercetta l'esaurimento della tematica dello sviluppo, l'irrompere della protesta studentesca, il montare del dibattito sulla violenza rivoluzionaria in un contesto in cui settori sempre più significativi del cattolicesimo continentale cominciano a parlare di liberazione. Vero "motore" della preparazione di Medellín, questo gruppo di vescovi e di teologi rappresenta un punto di riferimento essenziale per la comprensione della specifica ricezione del concilio in America Latina e della nuova immagine di chiesa continentale cui la conferenza del 1968 cerca di dare espressione: un'immagine che troverà il principale elemento "vertebrador" nell'opzione per il povero e nel richiamo alla povertà come condizione essenziale della sequela del Cristo.
Silvia Scatena insegna Storia contemporanea all'Università di Modena-Reggio Emilia ed è coordinatrice dell'Alta scuola europea di formazione alla ricerca storico-religiosa della Fondazione per le scienze religiose di Bologna. Con il Mulino ha pubblicato, in questa stessa collana, "La fatica della libertà. L'elaborazione della dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa del Vaticano II" (Premio Jemolo e Premio Pirovano 2005).