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Chi (non) muore, si rilegge

Francesca Modena su Finzioni ironizza su "i libri nuovi di scrittori morti"

Gli appassionati di Bolaño hanno iniziato l’anno con una splendida notizia: c’è un nuovo Bolaño in libreria. E se tutti sappiamo, con ragionevole certezza, che Roberto Bolaño è morto il 15 luglio 2003 all’ospedale Valle de Hebrón di Barcellona per una grave malattia al fegato e che quindi non può aver prodotto nulla di nuovo, rimane il fatto che non c’è niente di scorretto nell’affermare che ci troviamo di fronte a una sua nuova opera, dove l’aggettivo “nuovo” viene utilizzato nel suo significato di inedito. Si tratta di Lo spirito della fantascienza, pubblicato in Italia da Adelphi, opera inedita di un Bolaño non ancora trentenne, composto all’inizio degli anni ’80. Un romanzo giovanile e sicuramente acerbo, nel quale però troviamo traccia degli elementi della scrittura bolañesca che conosciamo: non solo i temi – l’amicizia di due giovani nel Messico degli anni ’70, la passione letteraria, l’idealismo – ma anche lo stile inqualificabile – ho cercato per un po’ un aggettivo e poi ho rinunciato – e la struttura complessa, fatta di rimandi, intertestuale. Ma non è del libro che voglio parlare qui, bensì dell’opportunità di mandare in libreria un testo postumo, evento che è toccato nello specifico a Bolaño moltissime volte dalla sua morte. L’ultimo libro non postumo, ovvero pubblicato in vita, dell’autore cileno è Una novelita lumpen (titolo italiano Un romanzetto lumpen, Adelphi), romanzo breve uscito in Spagna nel 2002. Sono invece stati pubblicati postumi, limitandoci alle sole uscite italiane: Il terzo Reich, Il gaucho insopportabile, 2666, I dispiaceri del vero poliziotto, la raccolta di poesie L’università sconosciuta, la raccolta di saggi e interviste Tra Parentesi e la raccolta di interviste L’ultima conversazione.

Se pensiamo all’Italia, un destino simile sta riguardando uno dei nostri maggiori intellettuali di tutti i tempi e al contempo autore di best-seller, connubio più unico che raro. Sto ovviamente parlando di Umberto Eco, scomparso a Milano il 19 febbraio 2016 e “tornato” in libreria ben 4 volte nel corso di poco più di un anno, con un nuovo saggio, due raccolte inedite e un libretto di poche pagine ma di grande attualità, non inedito perché appartenente a una precedente raccolta. Di un altro autore italiano di bestseller, scomparso prematuramente, Giorgio Faletti, è uscito in libreria un libro inedito nel 2016, a due anni dalla morte, sempre per Baldini & Castoldi, l’editore che nel 2002 aveva portato al successo Io uccido, thriller da 5 milioni di copie vendute. Parliamo di L’ultimo giorno di sole, una fiaba apocalittica, descritto dalla moglie di Faletti come il lavoro al quale il marito teneva di più e al quale ha messo mano fino alla fine.

Non vi sto certo rivelando nulla che non sappiate già o che non abbiate già dedotto: in un momento in cui si leggono sempre meno libri, in cui le case editrici navigano in cattive acque e osare pare azzardato se non folle, ad alcuni scrittori non si può proprio rinunciare. Nemmeno da morti. Chi muore, infatti, continua a parlarci dagli scaffali e fioccano quasi quotidianamente novità editoriali di autori che non possono, tecnicamente, aver prodotto nulla di nuovo.

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