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Il Dio di Carlo Coccioli su “Letture” (San Paolo)

A margine di C. Coccioli, “Davide” (Sironi 2009)

“Dio. Ecco il punto, il rovello continuo, l’enigma ossessionante di Davide/Coccioli. Un Dio ineffabile, capriccioso, arbitrario, il cui primo attributo non pare essere né la clemenza né la misericordia. Una Divina Presenza talmente misteriosa che Davide l’invoca chiamandola Chi-Che cosa, Niente-Tutto, Non spazio-Non tempo (mutuando, unico anacronismo, il vocabolario cabbalistico). Eppure Presenza che egli ama incondizionatamente. Perché proprio rievocando la sua storia davanti a Essa, sul letto di morte, Davide scopre che tutto è inesorabilmente inglobato dall’amore… anche la morte stessa”. Così Paolo Pegoraro (“Letture”, San Paolo, Marzo 2009) si esprime su “Davide” di Carlo Coccioli, ripubblicato in questi giorni da Sironi, dopo una prima edizione del 1976 che si ricorda per il Premio Selezione Campiello e il Premio Basilicata, per una scrittura di grande qualità e per la poca fortuna che, al pari dell’intera opera, ha avuto anche questa prova.

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