Rebecca libri

La fatica di condividere anche un libro

C'era una volta il progetto "Lascia un libro, prendi un libro"

C’è un motto, “Lascia un libro, prendi un libro” che rimanda ad una mappa, quella dei luoghi, anche insoliti e curiosi, dove i cittadini possono scambiare l’esperienza della lettura recuperando i libri e mettendoli in circolo gratuitamente in punti fissi di condivisione all’interno di edifici: negozi o sedi di associazioni. Si tratta di una vera e propria rete nazionale volontaria per il recupero e la condivisione gratuita dei libri finalizzata alla diffusione della lettura e a ravvivare i luoghi delle nostre città. L’esperienza è nota anche con altri titoli: book sharing, bookcrossing, bibliocrossing, biblioteca condivisa, ma ha sempre la connotazione della reciprocità e della diffusione del libro, che viene valorizzato in quanto condiviso. Esiste una sola regola: per prendere un libro, bisogna lasciarne un altro, senza registrazioni di libri né di lettori.

L’idea è quella “portare il libro alle persone” e non viceversa, unendo l’attenzione all’ambiente attraverso il recupero e il riciclo, al senso altruistico del dono e della condivisione anziché lo scarto. L’iniziativa è nata alcuni anni fa in Sicilia ad opera di Giuseppe Rapisarda, laureato in chimica con la passione dei viaggi e della salvaguardia dell’ambiente. Sono proprio i numerosi viaggi svolti che gli hanno permesso di osservare esperienze analoghe in altri paesi e gli hanno suscitato il desiderio di riproporle anzitutto nella sua comunità di residenza, per poi diffonderle altrove in Italia.

Dopo sei anni è tempo di bilanci: da un post Facebook di “Lascia un libro, prendi un libro” apprendiamo le ragioni che spingono ad una pausa di riflessione a tempo indeterminato!

Se da una parte si contano gli aspetti positivi (una rete presente in tutte le province, quasi 3000 punti libri, circa 2 milioni di libri in movimento), il numero di followers sui social dedicati è ridotto rispetto alle potenzialità del progetto. I responsabili della rete nazionale traggono la conclusione che sebbene la mappa dei luoghi sia capillare, non ci sia cura del progetto da parte di coloro che hanno realizzato il punto libri nella propria sede, né ci sono i lettori, gli scrittori e i blogger letterari a condividere l’iniziativa.

Dopo questa analisi ci si chiede se il progetto effettivamente piaccia o se la sua totale gratuità non porti a considerarlo di poco valore.

Ed ecco, quindi, la conclusione <<Abbiamo tante altre idee di sviluppo del progetto, ma fino a quando non crescono i numeri di chi segue il progetto, non possiamo interloquire con le istituzioni. Nessuno ci ascolterebbe. Questi giorni verranno dismesse le cabine telefoniche del territorio, sarebbe stato bello trasformarle in bibliocabine, ma con questi numeri nessuno ci ascolterebbe. Com’è per questa è per le altre proposte.

Abbiamo dedicato al progetto la cosa più preziosa che possediamo: il nostro tempo; abbiamo risposto a tutte le vostre chiamate, abbiamo messo a disposizione la nostra pluriennale esperienza manageriale, ma forse non basta.

La nostra società ha bisogno di medici, di infermieri, di chimici, di ingegneri, di persone che i libri li usurano, ma sta plaudendo, invece, a delle giovani senza arte ne parte, che prima di compiere 20 anni, sono già passate dal chirurgo plastico. La nostra società non da risalto ne alla cultura, ne al volontariato.
Prendiamo atto della situazione e contemporaneamente, con una certa dose di amarezza, ci prendiamo una lunga “pausa di riflessione”>>.
Conclusione amara, troppo amara?

 

 

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