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L’Osservatore Romano e la prima volta di Luigi Maria Epicoco

Il neonominato assistente ecclesiastico del Dicastero per la Comunicazione scrive il suo primo editoriale sul Quotidiano

<<Innanzitutto io credo che la sfida sia quella di rintracciare costantemente la verità senza farlo in maniera ideologica ma andando a cercare in quelle che sono le pieghe della cronaca o anche nei movimenti culturali quel “fil rouge” della verità che a volte rimane sotteso. Un buon giornalista, un buono scrittore. deve riuscire a far emergere questo filo della verità e quando ci riesce trova sicuramente un terreno di incontro con ciò che è lontano, con ciò che è diverso. Il comunicatore cattolico lo vedo come un costruttore di dialogo e non un miliziano che usa la propria penna, il proprio mestiere, per fare del male>>. Così risponde Luigi Maria Epicoco, appena nominato assistente ecclesiastico del Dicastero per la Comunicazione nell’intervista a L’Osservatore Romano, di cui è diventato editorialista. Si può definire una dichiarazione di intenti per il nuovo incarico affidatogli da Papa Francesco, che ne ha riconosciuto le profonde doti di comunicatore, di cui è testimone anche il successo editoriale che riscuotono i suoi libri.

Di origini pugliesi, ma adottato da L’Aquila, don Epicoco è stato ordinato prete nel 2005 nel capoluogo abruzzese dove ha vissuto anche la tragedia del terremoto del 2009, quando nella sua veste di cappellano degli universitari fu colpito in particolare dal dramma degli otto giovani della Casa dello Studente rimasti sotto le macerie. Oltre ad essere autore di vari libri a carattere spirituale, ha una cattedra in filosofia alla Lateranense e nel 2019 è stato nominato preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose Fides et Ratio Issr del capoluogo abruzzese.

L’inaugurazione del nuovo incarico di Luigi Maria Epicoco è avvenuta con la firma del suo primo editoriale su L’Osservatore Romano del 23 giugno, dedicato al nuovo ciclo di catechesi di Papa Francesco, di cui è protagonista la Lettera ai Galati di Paolo, che ben rappresenta la “Chiesa in uscita” cara a Francesco, una Chiesa che rinnova la propria missione di “attrarre” più che fare proselitismo, con riferimento all’espressione felice del predecessore Benedetto XVI; una Chiesa che vive la realtà come <<luogo dove mettersi in ascolto della volontà di Dio>>, pur nelle <<zone d’ombra e contraddizioni>> che essa presenta. Il cristiano non deve vivere nella nostalgia del passato, né fuggire nell’ideologia, ma deve maturare la <<capacità di leggere nel cambiamento la vera fedeltà alla tradizione>>.

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