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Quando l’editoria investiva sul futuro

Sul Corriere della Sera, una riflessione incoraggiante di Paolo di Stefano a partire dalla recente pubblicazione di due carteggi: "Ho sognato il vostro tempo" (Arnoldo Mondadori, il Saggiatore) e "Lettere a Giulio Einaudi e alla casa editrice (1946-1979)" (Roberto Cerati, Einaudi)

Due pericoli opposti incombono quando si leggono vecchie carte editoriali da cui emerge il mondo del lavoro intellettuale degli anni andati. Da una parte l’idea che il meglio sia ormai irrimediabilmente alle spalle. Dall’altra la tentazione, più in voga, di «rottamare» uomini e cose e di dare libero sfogo all’effervescenza del presente cancellando ogni rapporto con i modelli e la tradizione. Due recenti uscite permettono di ripercorrere momenti e idee dell’editoria di progetto del Dopoguerra per trame e spunti di riflessione utili ancora oggi. Sono le lettere di Alberto Mondadori, che fondò il Saggiatore (Ho sognato il vostro tempo, a cura di Damiano Scaramella, introduzione di Luca Formenton, il Saggiatore) e le lettere di Roberto Cerati, storico braccio destro commerciale di Giulio Einaudi (a cura di Mauro Bersani, Einaudi), di cui ha scritto Corrado Stajano sul Corriere. L’uno e l’altro hanno una strenua fiducia nel libro come oggetto di formazione e di guida della società, per questo combattono quotidianamente una battaglia di resistenza contro la «logica dei container, del quintalaggio» (Cerati). Sono ispirati da un’idea di armonia, secondo cui ogni libro deve avere un respiro in rapporto al respiro del titolo che gli sta accanto. Credono in un’editoria che abbia «basi realmente e decisamente commerciali, e non da amateur» (Mondadori), ma escludono che commercio significhi puntare solo sulle novità e sulla quantità. Non credono che l’editoria debba «trovare nella produzione massificata la sola ragione della sua esistenza» (Cerati). Sanno che «solo i grandi libri hanno un successo non effimero» (Mondadori) e che perciò l’investimento editoriale è una scommessa sul futuro. Non per questo mancano di realismo: Cerati non fa che dosare tirature e ristampe. Parlano con gli autori, scrivono, propongono di continuo. «Non basta affermare genericamente “acquistiamo solo opere che si vendono”, ma studiano i modi migliori per promuovere gli autori in cui credono, ma che non sono stati «capiti» dal mercato. E lasciano che gli altri vadano avanti da sé. Si dirà che sia il Saggiatore sia Einaudi sono finiti più volte nel baratro finanziario. È vero. Ma quanti grandi editori hanno poi cavalcato il loro fallimento comprandone, con grande guadagno, autori, titoli e persino l’intero catalogo. E l’editoria alla giornata come sta?

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