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La scomparsa di Mons. Luigi Bettazzi

Pochi mesi e il 26 novembre prossimo avrebbe compiuto 100 anni, ma le condizioni di salute si erano aggravate nell’ultimo periodo. All’alba di domenica 16 luglio si è spento mons. Luigi Bettazzi, per 33 anni vescovo di Ivrea (1966-1999) e per 17 anni presidente di Pax Christi, uomo di pace e giustizia, fautore del dialogo con i non credenti.

Aveva partecipato al Vaticano II, uno degli ultimi padri conciliari viventi: voleva essere chiamato “padre”, in virtù dell’impegno preso nel Patto delle Catacombe, unico firmatario italiano insieme ad altri 42 vescovi principalmente dell’America latina, a realizzare una “Chiesa povera”, scevra da titoli, lussi e onorificenze.

Luigi Bettazzi si era laureato in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana e poi in Filosofia all’Università degli Studi Alma Mater di Bologna. Proprio nell’arcidiocesi felsinea era stato vescovo ausiliare del cardinale Giacomo Lercaro, al cui fianco aveva preso parte al Concilio Vaticano II – di cui Lercaro era stato tra i protagonisti – partecipando alle sessioni finali dell’assemblea nel lontano 1963. Il 16 novembre 1965, pochi giorni prima della chiusura del Concilio, scese con una quarantina di padri conciliari – principalmente latinoamericani – nelle Catacombe di Domitilla a Roma per celebrare una Eucaristia chiedendo fedeltà allo Spirito di Gesù. Al termine, tutti i vescovi firmarono il famoso Patto con cui esortavano i «fratelli nell’Episcopato» a portare avanti una «vita di povertà», una Chiesa «serva e povera», come suggerito da Giovanni XXIII. Dal 1966 al 1999 Bettazzi ha poi guidato la Diocesi di Ivrea; nel 1968 è stato nominato presidente nazionale, poi nel 1978 internazionale, di Pax Christi, movimento cattolico fortemente impegnato sul tema della Giustizia e della Pace. La pace, quella di cui Bettazzi si fece profeta e portavoce con continui appelli, con l’invito fermo all’obiezione fiscale alle spese militari, con il sostegno all«’Educazione alla pace» per il quale fu insignito nell’85 del Premio internazionale Unesco, con l’adesione ai movimenti pacifisti, con la marcia a Sarajevo nel 1992, nel pieno della guerra civile in Bosnia ed Erzegovina, fianco a fianco con un don Tonino Bello messo duramente alla prova dalla malattia.

Di non violenza mons. Luigi Bettazzi ha parlato anche in una manifestazione di maggio scorso a Ivrea, la Staffetta dell’Umanità, alla quale ha voluto presenziare, come una delle tre strade da percorrere per la pace nell’Ucraina martoriata: creare una mentalità nonviolenta, mettere in atto gli strumenti della diplomazia, sviluppare forze di interposizione. “Da sempre io sono per la non violenza”, diceva ai presenti alla manifestazione. “Ma come? Significa che bisogna accettare la violenza degli oppressori? No! Tre cose: noi abbiamo tutti la mentalità violenta, alle armi si risponde con le armi. Invece bisogna creare una mentalità non violenta”. Poi, aggiungeva il presule, bisogna “impegnarsi davvero nella diplomazia”: “Pensate che l’Europa ha fatto il primo atto diplomatico per l’Ucraina dopo 60 giorni di guerra”. La terza cosa è l’“interposizione”, cioè “dei volontari che vadano in mezzo”, diceva Bettazzi, ricordando che “anche noi nel nostro piccolo, quando andammo a Sarajevo, eravamo là e non hanno sparato”.

Rebeccalibri lo ricorda con un percorso di lettura.